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Galeotto Marzio

(Narni 1427-Boemia 1497 )

Poeta clarissimo matematico e oratore.

 
 
 

affresco nella sala del consiglio comunale a Narni 

Galeotto Marzio

Nacque a Narni nel 1427 dalla nobile famiglia dei Marzi; tuttora si può ammirare in via Mazzini la sua abitazione, recante sul portale la scritta Ludovicus Martius.
Godette di fama di atleta, guerriero, letterato, scienziato e filosofo.

 

Le torri dei Marzi casa natale a Narni

Letterato


I suoi vari interessi, dalla medicina alla chiromanzia, dalla cultura scritta a quella orale, gli causeranno non pochi problemi. Dal 1462 al 1477 ricopre la carica di lettore di Retorica e Poesia presso l'Università di Bologna, lavora a Padova e quindi in Ungheria, ma a causa di una sua opera ("De incognita Vulgo") nel 1477 viene accusato di eresia dall'Inquisizione ed è costretto a ritrattare pubblicamente le sue tesi. La sua eresia, quella per cui verrà condannato e che emerge dai suoi scritti, è cristologica: egli sembra infatti negare la necessità dell'incarnazione per la salvezza dell'umanità, sebbene poi egli stesso si preoccupi della salvezza degli uomini virtuosi dell'antichità classica… Attorno alla sua figura nasce un problema di ricostruzione filologica: ci rimangono infatti solo 10 lettere autografe, mancano invece completamente le trascrizioni delle sue lezioni a Padova, o ricordi di alunni. Restano invece alcune polemiche con altri Umanisti dell'epoca, spesso a causa della sua professione di medico, suo primo interesse. La sintesi tra letteratura e medicina è anch'essa un segno della modernità dell'umanesimo di Galeotto. Le sue polemiche con i colleghi italiani (il Filelfo ed il Merula tra gli altri) dimostrano anche una certa "antipatia" di questi verso l'emigrante narnese, o quantomeno una scarsa comprensione per la sua metodologia non ortodossa. Alcuni umanisti lo attaccano perché lui - caso quasi unico nella cultura ufficiale dell'epoca - non conosce il greco, né la cultura ellenistica, sebbene il Marzio dichiara di averla invece imparata da Giano Pannonio, che gliela insegnò nella sua casa di Montagnana (fatto poi smentito). Nell'opera "De Homine" (una ricognizione della fisicità dell'uomo sotto l'aspetto medico - filosofico) si preoccupa del bene fisico degli uomini, ed indica alcune ricette per curare malattie quali la sciatica, sbagliando l'etimo delle parole greche (disonorevole colpa!); eppure egli stesso rileverà più volte l'esigenza (umanistica, questa sì) di studiare il greco. Esiste anche una raccolta di Carmina di Galeotto, troppo esigua però per ricostruire la sua fisionomia di poeta della lingua latina. Si interessa sicuramente di filologia, antiquario nell'accezione umanistica, almeno fino al 1476, anno in cui rinuncia a pubblicare opere di carattere filologico - letterario. Con il libro "De Doctrina Promiscua" (1489), dedicato a Lorenzo dei Medici, Galeotto cerca di ristabilire un contatto con l'ambiente mediceo e con l'avanzato umanesimo fiorentino, ma senza successo: troppo distante è il suo umanesimo da quello mediceo. Galeotto forse intuisce la sterilità di un Umanesimo italiano corretto filologicamente (per così dire alla Bembo), e la sua distanza rispetto ad una figura come quella di Erasmo da Rotterdam: il suo ideale resta quello di una perizia universale nelle arti e nelle scienze.

Lapide commemorativa posta nel 1938 nella casa natale a Narni

Medico

Medico in un periodo in cui la medicina umanistica sfocia spesso in altre materie: lettere, filologia, astrologia, chiromanzia, filosofia. Il Serdonati, traduttore in volgare fiorentino del De Doctrina Promiscua, lo dipinge, infatti, come "… interessato alla filosofia ed alla medicina, astrologia, arti matematiche ed arte oratoria e poetica …" Un interesse particolare Galeotto lo dimostra anche per le scienze alchemiche, fatto non raro in questo periodo in cui chimica ed alchimia spesso coincidono nelle tesi degli Umanisti. Per alcuni scienziati però questa rimane fortemente legata alla magia, all'idea di imbroglio. Anche l'ambiente ungherese, quella corte di Mattia Corvino che lo vede protagonista a Budapest, offre nel XV° secolo la compresenza di molte personalità a metà strada tra arti mediche e magiche, che vanno a sovrapporsi con l'anatomia vera e propria. L'opera maggiore del Galeotto, il De Homine, consta di due libri: il primo tratta le parti esterne ed il secondo le parti interne dell'essere umano. E' sostanzialmente un compendio letterario circa alcune patologie dell'uomo, influenzato da tesi aristoteliche e latine. Galeotto però spesso si dilunga sulle radici etimologiche delle malattie affrontate, senza esaminarle profondamente (e, come visto, commettendo errori filologici …). Il XV° secolo segna anche la ripresa dello studio (anche su stimolo mediorientale, o arabo) degli effetti dell'astrologia sul corpo, così come l'interesse per la chiromanzia. Il Marzio non considera affatto medici coloro che ignorano le due arti! Egli accetta e riprende il legame tra umori, qualità e pianeti da una parte e la salute dell'uomo dall'altra, per cui l'interazione del macrocosmo con l'uomo (microcosmo) lascia tracce visibili sulle linee della mano.

Figura di spicco, eccezione alla regola, è però proprio Galeotto, della famiglia dei Marzi: i suoi vari interessi, dalla medicina alla chiromanzia, dalla cultura scritta a quella orale, gli hanno causato non pochi problemi.

presso la fonte Feronia

Nel 1445 risulta alla scuola di Guarino Guarini a Ferrara, dove nel 1447 strinse amicizia con un nipote del vescovo ungherese János Vitéz, il tredicenne János Csezmicze, futuro poeta con il nome di Janus Pannonius, dal cui carteggio e dai cui versi si rintracciano, oltre a un’affinità di idee, riferimenti cronologici e psicologici essenziali, divenuti emblematici della figura del M.: l’indole irrequieta, la vis polemica e il linguaggio mordace, nonché la gagliardia fisica e una corporatura imponente. La stessa fonte accenna alla sua presenza a Roma per il giubileo indetto nel 1450 da Niccolò V, ma è il M. stesso a esprimere lo scoramento allora provato nei versi De desolatione Urbis, che fanno parte di un’esigua raccolta di Carmina del periodo ferrarese.

Dall’autunno 1454 il M. abitò in territorio veneto, a Montagnana, dove si era già insediata una colonia di Narnesi al seguito di Erasmo da Narni detto il Gattamelata e dove risultano atti di compravendita e locazione di terreni, alcuni dei quali stipulati dalla moglie del M., Sofia, sposata intorno al 1460.

Galeotto Marzio alla corte del RE di Francia

Dal 1462 al 1477 ricopre la carica di lettore di Retorica e Poesia presso l’Università di Bologna, lavora a Padova, e quindi in Ungheria, ma a causa di una sua opera "De incognita Vulgo" nel 1477 viene accusato di eresia dall’Inquisizione, ed è costretto a ritrattare pubblicamente le sue tesi, ma viene comunque messo alla berlina!

La sua eresia, quella per cui verrà condannato e che emerge dai suoi scritti, è cristologica: egli sembra infatti negare la necessità dell’incarnazione per la salvezza dell’umanità, sebbene poi egli stesso si preoccupi della salvezza degli uomini virtuosi dell’antichità classica.

Attorno alla sua figura nasce un problema di ricostruzione filologica: ci rimangono infatti solo 10 lettere autografe, mancano invece completamente le trascrizioni delle sue lezioni a Padova, o ricordi di alunni.
Restano invece alcune polemiche con altri Umanisti dell’epoca, spesso a causa della sua professione di medico, suo primo interesse.

La sintesi tra letteratura e medicina è anch’essa un segno della modernità dell’umanesimo di Galeotto.
Le sue polemiche con i colleghi italiani (il Filelfo ed il Merula tra gli altri) dimostrano anche una certa "antipatia" di questi (e sicuramente incomprensione per la sua metodologia non ortodossa) verso l’emigrante narnese.

Galeotto alla corte del re d'Ungheria

Frutto dei soggiorni ungheresi dell'autore, l'opera che qui si presenta (1485), ricca di spunti autobiografici, è la composizione letterariamente più felice di Galeotto Marzio, singolare figura di grammatico curioso di tutte le artes: medicina, filosofia, astrologia, chiromanzia, e altre ancora. Nato a Narni tra il 1423 e il 1428, allievo a Ferrara di Guarino Veronese, Marzio fu attivo tra Padova, Montagnana, Bologna e, in brevi ma intense visite, in Ungheria. Dedicato a Giovanni (János), figlio del re Mattia Corvino, quasi in funzione di speculum principis, e finora mai proposto integralmente al pubblico italiano, lo scritto evoca vivacemente, con qualche punta di malizia anticlericale, trattative diplomatiche, teatri di guerra, tornei, recite di giullari, banchetti reali e dispute erudite. Grande assente (o meglio, appena evocato) il Turco, che preme ai confini.



Pittura posta nella stanza  di ingresso alla Sala Consigliare

Morì  si dice nel 1497 , ma la data non è certa per molti oscilla tra il 1490 ed il 1497. In suo onore la Repubblica Veneta fece coniare una medaglia ricordo.


Poeta clarissimo matematico e oratore.

ritratto  attribuito

documenti presso archivio di Narni

per approfondimenti vedi :

Testi in Ungherese

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