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Il Prioretto dal testo del  Generale Ubaldi 


Siamo nella Narni del 1870 il  Risorgimento trova la sua coronazione con presa di Roma e la breccia di porta Pia . Il giorno dopo il 20 settembre 1870, a Narni si fa Gran Festa ed un corteo di cittadini passa per le vie di Narni illuminando con fiaccole le vie cittadine. 

priore

Al grido di " Fuori i lumi" il corteo sollecita tutti a fare festa e fino a quando non spuntano le fiaccole dalle finestre dei cittadini piu' ritrosi , la processione non si muove.

priore

in via Marcellina al numero 31 abita il Priore di San Domenico , con il suo sagrestano , il quale impaurito da tanta folla pensa di disperderla sparando dei colpi con un fucile, per poi scappare precipitosamente. La folla inferocita butta giù la porta della casa ed entrando, se la prende con il Priore, dal momento che il sagrestano, vero colpevole dell'atto era fugito da una finestra nei vicoli. Purtoppo la vicenda si conclude tragicamente . Tutta la città partecipò al funerale, e si cercò di nascondere questa brutta pagina della nostra storia. 

Riportiamo altri dettagli tratti dal testo originale

Prioretto articolo

Protagonisti
Il priore Tommaso Libetti nato a Napoli nel 1819
Il sagrestano  Felice B.

Tra gli appunti scritti a mano nel 1874 di un giovane Giuseppe Barilatti, futuro Sindaco di Narni, desta scalpore per la dettagliata cronaca un evento dimenticato avvenuto il 20 settembre 1870, giorno della breccia di porta Pia che segna l’unità d’Italia e Roma Capitale.
A Narni tale evento si festeggiò in questo modo. 

Era la sera del 20 settembre dell’anno 1870 gli abitanti di Narni come il solito chi si ritirava nella sua abitazione chi nei caffè chi nelle osterie, altri passeggiavano per la piazza del Lago per godersi il fresco della sera, alcuni seduti sui banchi fuori delle botteghe e del caffè chiacchieravano più o meno calorosamente, chi sull’affare di Roma chi di propri interessi o di altre simili cose. Però mano a mano che la notte si inoltrava, i gruppi delle persone cominciarono a dileguarsi i scaldabanchi che sedevano fuori del caffè dopo aver dato due pugni all’aria, stese le gambe ed emettendo un prolungato sbadiglio se ne andavano dritti a casa. Già lo stridere dei catenacci si faceva sentire alla porta di qualche bottega che si chiudeva, i pipistrelli s’aggiravano silenziosi nell’angolo della piazza, un leggero vento innalzava nubi di polvere trascinando qua e la gruppetti di terrume e cartaccia sicchè costringeva anche i vagheggini ad andarsene. Non erano ivi rimaste che poche persone quando un telegramma giunse all’ufficio telegrafico contenente la presa di Roma.
Quel telegramma che annunciava una così fausta notizia e che faceva esultare di gioia il cuore di ogni buon cittadino faceva all’incontro sospirare accoratamente coloro i quali sotto le loro spoglie racchiudevano un cuore malvagio ed un’anima ipocrita. Questa notizia aspettata con grande desiderio da moltissimi Narnesi passava di bocca in bocca e circa una mezz’ora dopo il concerto era schierato nel mezzo della piazza e salutava la intonando la marcia Reale. Ben presto i lumi che rischiaravano di fioca luce le botteghe si cangiarono in più nuovi e roteanti e variopinti colori. Le porte e le vetrine dei caffè s’erano adornate di lampioni, le finestre e i balconi delle case circostanti erano muniti di una quantità di lampioni e lumi diversi sui quali rifletteva lo stemma dei Savoia. Il vento erasi alquanto quitato la gente cominciava ad affollarsi in più numero. Una moltitudine di giovani e ragazzi correva intorno alla piazza cantando e gridando, fuori i lumi, altri con bandiere e fiaccole urlavano a tutta gola, viva Roma .. alcuni corsero al campanile del duomo ad afferrare le funi delle campane e vi si arrampicarono, producendo uno strano fracasso, di modo che quelli che abitavano  nelle contrade discosto alla piazza e non sapevano di cosa si trattasse si allarmarono e pensarono ad un incendio o altra grave cosa e spalancarono le imposte delle finestre domandando ai passanti “ che cosa suona, va a fuoco il Municipio? “ e quelli di sotto rispondevano “ non so? Chi lo sa?” le quali risposte non producevano se non altro interesse e curiosità su coloro che cercavano di sapere cosa fosse successo e costringendoli a venire in piazza dove prima di giungervi avevano già saputo tutto e giunti quivi univano la loro voce al grido di Viva Roma CDI (capitale d’Italia). La luna che stava nascosta tra alcune nuvole era uscita e rischiarava con l’argento dei suoi raggi questa vaghissima scena rilucendo sugli strumenti dei suonatori i quali seguitavano con svariate melodie rallegrando gli attori , uomini donne e fanciulli si pascevano della più rumorosa allegria e si abbracciavano trasportati dalla gioia. Tutto all’intorno la piazza era ben guarnita di luci bengali di ogni colore fuorchè dove era il palazzo Vescovile che si poteva scorgere triste e muto senza un lume alla finestra e le persiane stavano accuratamente chiuse. Una quantità di giovanastri avvedutisi di ciò e vedendo che gli abitanti di tali palazzi restavano sordi a tante grida, si portarono sulla piazzetta di fronte al palazzo e osservano che il palazzo aveva il portone chiuso e ben serrato per sostenere i più disperati sforzi. (Iniziarono quindi a urlare e tirare sassi e gli abitanti del palazzo vescovile furono costretti a mettere i lumi alle finestre, la ciurma si sposta poi verso piazza Priora).

Da piazza del lago a via Marcellina.

Con la banda in testa il corteo seguito da un mare di gente si dirige nella via di piazza Caiola, seguitando a suonare e gridare. Una moltitudine di giovani con fiaccole di pece sulle mani assordano l’aria con ripetuti evviva. Un altro gruppo di uomini donne e ragazzi camminavano dieci passi più avanti e in mezzo a loro si innalzava una bandiera nazionale, portata da un emigrato Romano che trovavasi a Narni.
Questo uomo sui trentacinque anni di alta statura, levatosi il cappello lo gettava in aria e gridava viva Roma capitale d’Italia. Giunto in piazza Caiola mentre scendevano dalla via Marcellina, incontrarono alcuni individui che correvano verso di loro venendo dal basso della strada. Questi con volto pallido e gli occhi stravolti cominciarono con fare malfermo a gridare “ qui abbasso ..un prete a tirato su di noi  un colpo di pistola”. Un mormorio si alzò dalla folla e questi raccontarono meglio che mentre un gruppo di ragazzi gridava fuori i lumi, dalla casa del curato di San Domenico partiva un colpo di pistola, e la palla passo tra la gente facendo cadere a terra un soldato che si sentì fischiare la pallottola all’orecchio, per poi conficcarsi nel muro. Non avevano finito di parlare che una confusione di voci si levò dalla folla inferocita, quindi si sentì una voce che accompagnava le parole con una solenne bestemmia dicendo “ quindi non la voglio fare finita questi preti, questa provocazione non deve restare impunita”. La voce dell’emigrato continuava facciamogli vedere come i Narnesi si vendicano di chi l’oltraggia e come i nostri cuori siano infuocati di amor patrio”.
Appena finite queste parole la gente si precipitò lungo la strada in discesa urlando “morte al prete morte all’assassino” . Giunti sotto la casa del Curato trovarono i giovanastri che con le torce provavano a bruciare la porta, che però resisteva, quindi una decina dei più grandi provava a buttare giù la porta che però non cedeva. Allora qualcuno disse che ci voleva una accetta e presto di fece largo tra la folla un giovane con in mano una accetta, ma nonostante gli sforzi la porta resisteva .  Allora l’emigrato si fece avanti e disse che ci voleva troppo tempo e che il colpevole poteva avere tempo di fuggire.  Vediamo se può entrare dalla finestra, alcuni obiettarono che senza una scala non ci si poteva arrivare, Il Romano non rispose e fece cenno ai più alti di accostarsi al muro e salì sulle loro spalle, quindi con un balzo riuscì a arrivare alla inferriata della finestra, ma la cosa non era facile, la gente grida su su morte al prete.  Intanto l’Emigrato con un ultimo sforzo era riuscito ad entrare nella stanza, e questo sollecito gli altri a salire, aiutandoli in modo che poco dopo sei o sette giovanastri furono nella stanza. Questi scesero subito per aprire la porta della casa. Aperta che fu la porta due o tre ondate di persone si precipitarono nella casa e salite le scale fecero tremare tutta la casa.

Il curato di S. Domenico .

Il curato di S. Domenico era un omiciattolo  sui cinquanta anni dallo sguardo sorridente e scherzevole, di statura bassa e di corporazione sottile ma robusta. Costui spogliatosi della vesta dei Domenicani dove trovavasi come Priore, si vestì da prete e fu parroco della cura di S. Domenico costretto a sloggiare dal convento.  Si procurò una casetta in via Marcellina e fattala riattare vi andò ad abitare insieme al suo servo Felice B. essendo poco tempo dopo la chiesa di S. Domenico ridotta a caserma, gli fu fatta la piccola chiesuola della Bastarderia, che gli rimaneva ancora piu’ comoda per la vicinanza della casa. Quindi il parroco passava i suoi giorni nella pace e nella tranquillità. Anche se il suo servitore diveniva sempre piu’ arrogante e faceva tutto a suo modo , ciononostante il prete non badava a ciò e si assoggettava con piacere al volere del suo servitore e confidente. Era il 20 Settembre dell’anno 1870 circa un’ora di notte  il curato e Felice travavansi in una stanzetta appartata che serviva loro da refettorio, e stavano uno di fronte all’altro sul tavolo apparecchiato seduti su vecchie sedie. Il curato teneva in mano un’ampia scatola di tabacco ed in testa portava un berretto di panno nero dalle spalle alle ginocchia era coperto da un lungo soprabito bigio quasi tutto abbottonato, sicchè faceva vedere solo due gambette nere che uscivano fuori dall’estremità del pastrano.Coi piedi calzati da scarpe basse con fibbie arruginite. Dall’altro lato del tavolo il Bruscotti appoggiava i gomiti sul tavolo teneva il capo tra le mani in preda ad angosciosi pensieri e dalla sua fronte alta inumidita da un sudore gelato, si vedevano scendere alcune gocce di sudore. Intanto si sentiva da lontano un vociare di gente, ed il curato tranquillo disse che sicuramente le truppe italiane erano entrate a Roma, e fece per andare a letto poi si ritornò e disse al servitore di mettere subito i lumi alle finestre che guardavano la strada. Poi andò verso la stanza da letto , ma prima disse ancora “ Bada Felice di non trascurare quanto ti ho detto 4 lumi ad ogni finestra e se ne avanza qualcuno mettilo anche nella finestrella che affaccia sul vicolo, hai capito??” poi entrato nella sua camera chiuse l’uscio e preso un libro si mise tranquillamente a leggere.

Lo Sparo e la fuga.

Felice B. traversata la piccola stanza entrò nella sua camera ed aperta una credenza  ne cavò fuori una pistola a due canne, con una scatola con tutto l’occorrente per caricarla. Tralasceremo di descrivere tutto, ma intanto il servo caricata la pistola andava nervosamente avanti e indietro per la stanza borbottando “vengano vengano pure ad obbligarmi a mettere fuori i lumi , mi troveranno pronto gli farò vedere io a questa marmaglia…. “  era circa un quarto d’ora che il B. seguitava a passeggiare, quando all’improvviso le voci si avvicinarono e si fecero più insistenti le grida di “ fuori i lumi” che fare??? Avrebbe voluto mettere fuori i lumi, ma poi aveva paura che aperta la finestra avrebbe preso qualche sasso in testa, il servo era combattuto ed intanto i primi sassi frantumavano i vetri delle finestre inferiori che si trovavano sul lato della strada. In quel momento la collera del B. non ebbe più freno e afferrata la pistola corse alla finestra e poggiandosi con la mano sinistra al fianco di essa cercava con gli occhi di distinguere nell’oscurità da dove partivano le grida. “ Fuori i lumi, Viva Roma “ un colpo terribile rispose a queste parole, ruggendo nell’aria ed una nube di fumo copriva la finestra dove si trovava il B. che tentava di vedere se il suo colpo era andato a buon fine e sperava di vedere qualcuno disteso sul lastricato della strada, ma vide solo alcuni che se la davano a gambe lungo la salita.

Siamo nella Narni del 1870 il  Risorgimento trova la sua coronazione con presa di Roma e la breccia di porta Pia . Il giorno 20 settembre 1870, a Narni si fa Gran Festa ed un corteo di cittadini passa per le vie di Narni illuminando con fiaccole le vie cittadine.
Al grido di " Fuori i lumi" il corteo sollecita tutti a fare festa e fino a quando non spuntano le fiaccole dalle finestre dei cittadini piu' ritrosi , la processione non si muove.
in via Marcellina al numero 31 abita il Priore di San Domenico , con il suo sagrestano , il quale impaurito da tanta folla pensa di disperderla sparando dei colpi, per poi scappare precipitosamente. La folla inferocita butta giù la porta della casa ed entrando, se la prende con il Priore, dal momento che il sagrestano, vero colpevole dell'atto era fuggito da una finestra nei vicoli. Purtroppo la vicenda si conclude tragicamente . Tutta la città partecipò al funerale, e si cercò di nascondere questa brutta pagina della nostra storia.

vedi anche: 

https://www.narnia.umbria.it/2020/09/20/il-prioretto/

     

 


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