di
Giuseppe Fortunati
Narnia e
Narni
Dalla
storia al fantastico
Alla
scoperta della terra di Narni(a)
Heos Editrice
“Narnia
e Narni. Dalla storia al fantastico” è il titolo
del libro di Giuseppe Fortunati (Heos Editrice). L’autore
spiega quale sia stata la preparazione culturale che ha spinto Clives
Staples Lewis a scrivere “Le Cronache di Narnia”
(da cui è stato tratto l’omonimo film della Disney
da Natale in visione in tutto il mondo) e perché abbia
scelto di dare il nome "Narnia" alla città fantastica, luogo
centrale della sua saga imperniata nell’eterna lotta del bene
contro il male. Narnia non è altro che il nome latino
dell’odierna Narni in provincia di Terni.
Giuseppe
Fortunati,libro Narnia
e Narni. Dalla storia al fantastico,
editore Heos, 2005, ISBN-10: 8890225610
Capitolo 15
La
Narnia dell'antica Roma
Riassunto
delle letture su Narnia di C.S.
Lewis
Come cita Paul Ford's su "Companion
to Narnia":
Dal
momento che i primi successi di Lewis ad Oxford , furono nei classici
latini e
nella storia antica, è possibile che Lewis abbia letto
almeno sette riferimenti
alla Narnia romana
in Italia, nei testi
della letteratura latina.
"
Quattro citazioni sono state trovate nelle Historiae di Livio (10:10,
27:9,27:50, and 29:15) , altre citazioni sono state trovate negli
annali di
Tacito (3:9)
inoltre Plinio il Vecchio
commenta nelle sue Storie Naturali riguardo Narnia ... infine Plinio il Giovane nelle sue lettere
alla
suocera Pompea Celerina , menziona l'eccellenza degli alloggi della sua
villa
presso Narnia, e specialmente i
suoi
stupendi bagni. Di questi riferimenti , Lewis menziona sicuramente
Plinio il
Giovane, in una lettera ad Arthur Greeves".
Ma cosa avrebbe letto Lewis nei riferimenti citati???????
partendo dalla Conquista di Nequinum da parte dei Romani.
Historiae di Tito Livio (10:10)
libro 10
Capitolo 10
Poi Livio ci racconta della Seconda Guerra punica tra il 217 ed il 202 A.C. e di come Narnia divenne un punto importante per combattere Annibale e Asdrubale, dopo la sconfitta del Trasimeno culminata con la morte del console Flaminio, che da poco aveva fatto costruire la strada consolare Flaminia, che sarà poi Stragetica per la difesa di Roma.
Libro 27 Capitolo 43
Nota:
Gli eventi diedero ragione ai
Romani che a marce
forzate riuscirono a spostare il loro esercito dal sud Italia dove era
Annibale
, e da Roma dove erano truppe a difesa della città al nord
passando per la
Flaminia ( costruita nel 220
a.C. dal
censore Gaio Flaminio, poco prima della discesa di Annibale in Italia )
per
fronteggiare l'esercito di Asdrubale , sicuro che Annibale sarebbe
rimasto a
Canusio in attesa di notizie del fratello, il console Nerone scelse nel
suo
esercito settemila uomini e, lasciato il grosso presso il campo
cartaginese,
alla testa di quelle poche migliaia di armati si diresse a marce
forzate verso
il Piceno e raggiunse il console LIVIO che si trovava accampato a Sena
(Senigaglia).Asdrubale non si accorse dell'arrivo dei rinforzi dei romani,
perchè questi invece
di allargare il loro accampamento ,
come era d'uso, accolsero i loro commilitoni nelle proprie tende
accomodandosi
alla meglio, e traendo in inganno il nemico.
La battaglia del fiume Metauro fu
vinta dai Romani l'esercito di
Asdrubale fu annientato e lo stesso Asdrubale fu ucciso e decapitato.
Ritroviamo
ancora informazioni su Narnia
sempre
da parte di Livio dopo qualche tempo ed esattamente quando siamo
durante la
seconda guerra
punica siamo nel 209 a.C.
Narnia rifiutò l'ordine di
Roma di
inviare soldati e denaro per combattere Cartagine.
Le
citazioni di Tacito relativamente a Narnia sono:
Historiae - Liber III
(Capitoli:58,60,63 due
volte,67,78,79)
Tacito Annals (3:9)
Siamo intorno all'anno 20 D. C.
[9it ]
Pisone
attraversato il mare di Dalmazia ( attuale Adriatico) e lasciate le
navi ad
Ancona , per il piceno e poi per la via Flaminia (Via costruita nel 220
a.c. ad
opera del console Gaio Flaminio) raggiunse la legione che dalla
Pannonia veniva
condotta a Roma , per essere poi inviata di guarnigione in Africa; fu
oggetto
di molti commenti il fatto che egli si fosse mostrato spesso negli
schieramenti
e durante la marcia. Da Narnia ( prendeva il nome dal
fiume Nar oggi Nera)
per non dare sospetti o
forse perchè chi
ha paura è incerto nel decidere, si fece portare lungo il
corso del Nera , poi
del Tevere, ed aggravò lo sdegno del popolo ,
perchè avendo preso terra vicino
alla tomba dei Cesari ( mausoleo di Augusto), in pieno giorno , e
mentre la
riva era affollata, si erano avanzati lui una folta schiera di clienti,
Plancina con un seguito di donne, entrambi con volto gioioso. Tra
l'altro destò
malevolenza l'apparato festivo della sua casa, dominante il foro, ed il
ricevimento ed il banchetto: cose che tutti seppero essendo il luogo
frequentatissimo.
Tacito
Historiae - Liber III (Capitoli:58,60,63 due volte,67,78,79)
Siamo intorno al
69 Dopo Cristo. Siamo nelle ultime
fasi che porteranno al potere T.
Flavio Vespasiano , in lotta con Vitellio
. Tacito racconta nelle sue Historiae gli eventi
e la città di Narnia è più volte
menzionata, più che altro come riferimento
geografico, non si parla mai dell'atteggiamento dei suoi cittadini
verso l'una
o l'altra parte.
I fatti possono riassumersi
così:
Vitellio stabilisce due capisaldi ,
a Narnia ed in Campania , come
estremi
baluardi della difesa di Roma, lasciando nel più
settentrionale una parte delle
sue forze sotto i prefetti del pretorio, mentre ormai i flaviani
occupavano
Meuania (Bevagna) e
le nevi rendevano
difficile il passaggio sugli Appennini. Le truppe di Vespasiano avevano
stabilito il campo a Carsulae , Antonio Primo che li comandava ,
prevedeva la possibilità
di giungere senza lotta alla resa delle truppe di Vitellio che
presidiavano il
passaggio della Flaminia a Narnia ,
ad appena dieci miglia di distanza.
Antonio , diplomatico nel contenere
i suoi e conciliante verso gli
avversari, mirava insieme ad ottenere la resa dei vitelliani , ormai
inferiori
di numero ed a evitare di dover forzare la posizione chiave a Narnia. Debellato il piccolo presidio
di Interamna ( Terni con circa 400 cavalieri), era cominciato
progressivamente
lo sfaldamento delle forze Vitelliane , definitivamente abbattute alla
notizia
della morte di Fabio Valente. L'armata di Vitellio si indusse alla fine
, a
discendere nel piano davanti a Narnia , mentre
le legioni Flaviane erano schierate
lungo la Flaminia. "L'esercito Flaviano pronto ed armato come a
battaglia,
si era disposto ai lati della via in schiere serrate.
Vennerò così accolti nel
mezzo i Vitelliani; e una volta circondati li arringò con
clemenza Primo
Antonio; ebbero ordine di fermarsi parte a Narnia
e parte a Terni".
leggere anche le versioni in latino
Appendice
B
Scritti
Latini su Narnia
Ricerca
dalle
letture che Lewis fece da giovane sui classici Latini ed in particolare
su
Tacito e Plinio il giovane e Plinio il Vecchio.
Lewis,
afferma
che prese il nome di Narnia partendo dal suo atlante (vedi pagina di
Narnia) e
dalle sue letture latine vedi di seguito:
Where did C. S. Lewis come up with the word
"Narnia"?
According to Paul Ford's Companion to Narnia:
"Four references are found in Livy's History (10:10, 27:9,27:50, and
29:15)... ... Tacitus's Annals (3:9).... Pliny the Elder's comment in
Natural
History about its unusual weather (it became drier in the rainy
season)....
Pliny the Younger's letter to his mother-in-law, in which he mentions
the
excellence of the accommodations of her villa at Narnia, especially its
beautiful baths. Of all of these references, Lewis mentions only Pliny
the
Younger, in a letter to Arthur Greeves (They Stand Together, Macmillan,
Collins, 1979, p. 171)."
Da
tali riferimenti abbiamo
trovato :
Tacito:
negli
annali nel libro III
Tacitus's
Annals
(3:9)
[9]
Piso
Delmatico mari tramisso relictisque apud Anconam navibus per Picenum ac
mox
Flaminiam viam adsequitur legionem, quae e Pannonia in urbem, dein
praesidio
Africae ducebatur: eaque res agitata rumoribus ut in agmine atque
itinere
crebro se militibus ostentavisset. ab
Narnia, vitandae suspicionis an quia pavidis consilia in
incerto sunt, Nare
ac mox Tiberi devectus auxit vulgi iras, quia navem tumulo Caesarum
adpulerat
dieque et ripa frequenti, magno clientium agmine ipse, feminarum
comitatu
Plancina et vultu alacres incessere. fuit inter inritamenta invidiae
domus foro
imminens festa ornatu conviviumque et epulae et celebritate loci nihil
occultum.
Tacito
Riferimenti
per
Lewis
Historiae
- Liber
III
Riferimenti
Narnia
Capitoli:
58
60
63
due volte
67
78
79
[58]
Quae ubi
Vitellio cognita, parte copiarum Narniae
cum praefectis praetorii relicta L. Vitellium fratrem cum sex
cohortibus et
quingentis equitibus ingruenti per Campaniam bello opposuit. ipse aeger
animi
studiis militum et clamoribus populi arma poscentis refovebatur, dum
vulgus
ignavum et nihil ultra verba ausurum falsa specie exercitum et legiones
appellat.
hortantibus libertis (nam amicorum eius quanto quis clarior, minus
fidus)
vocari tribus iubet, dantis nomina sacramento adigit. superfluente
multitudine
curam dilectus in consules partitur; servorum numerum et pondus argenti
senatoribus indicit. equites Romani obtulere operam pecuniasque, etiam
libertinis idem munus ultro flagitantibus. ea simulatio officii a metu
profecta
verterat in favorem; ac plerique haud proinde Vitellium quam casum
locumque
principatus miserabantur. nec deerat ipse vultu voce lacrimis
misericordiam
elicere, largus promissis, et quae natura trepidantium est, immodicus.
quin et
Caesarem se dici voluit, aspernatus antea, sed tunc superstitione
nominis, et
quia in metu consilia prudentium et vulgi rumor iuxta audiuntur.
ceterum ut
omnia inconsulti impetus coepta initiis valida spatio languescunt,
dilabi
paulatim senatores equitesque, primo cunctanter et ubi ipse non aderat,
mox
contemptim et sine discrimine donec Vitellius pudore inriti conatus
quae non
dabantur remisit.
[59]
Vt terrorem
Italiae possessa Mevania ac velut renatum ex integro bellum intulerat,
ita haud
dubium erga Flavianas partis studium tam pavidus Vitellii discessus
addidit.
erectus Samnis Paelignusque et Marsi aemulatione quod Campania
praevenisset, ut
in novo obsequio, ad cuncta belli munia acres erant. sed foeda hieme
per
transitum Appennini conflictatus exercitus, et vix quieto agmine nives
eluctantibus patuit quantum discriminis adeundum foret, ni Vitellium
retro
fortuna vertisset, quae Flavianis ducibus non minus saepe quam ratio
adfuit.
obvium illic Petilium Cerialem habuere, agresti cultu et notitia
locorum
custodias Vitellii elapsum. propinqua adfinitas Ceriali cum Vespasiano,
nec
ipse inglorius militiae, eoque inter duces adsumptus est. Flavio quoque
Sabino
ac Domitiano patuisse effugium multi tradidere; et missi ab Antonio
nuntii per
varias fallendi artis penetrabant, locum ac praesidium monstrantes.
Sabinus
inhabilem labori et audaciae valetudinem causabatur: Domitiano aderat
animus,
sed custodes a Vitellio additi, quamquam se socios fugae promitterent,
tamquam
insidiantes timebantur. atque ipse Vitellius respectu suarum
necessitudinum
nihil in Domitianum atrox parabat.
[60]
Duces
partium ut Carsulas venere, paucos ad requiem dies sumunt, donec
aquilae signaque
legionum adsequerentur. et locus ipse castrorum placebat, late
prospectans,
tuto copiarum adgestu, florentissimis pone tergum municipiis; simul
conloquia
cum Vitellianis decem milium spatio distantibus et proditio sperabatur.
aegre
id pati miles et victoriam malle quam pacem; ne suas quidem legiones
opperiebantur, ut praedae quam periculorum socias. vocatos ad contionem
Antonius docuit esse adhuc Vitellio viris, ambiguas, si deliberarent,
acris, si
desperassent. initia bellorum civilium fortunae permittenda: victoriam
consiliis et ratione perfici. iam Misenensem classem et pulcherrimam
Campaniae
oram descivisse, nec plus e toto terrarum orbe reliquum Vitellio quam
quod
inter Tarracinam Narniamque iaceat.
satis gloriae proelio Cremonensi partum et exitio Cremonae nimium
invidiae: ne
concupiscerent Romam capere potius quam servare. maiora illis praemia
et multo
maximum decus, si incolumitatem senatui populoque Romano sine sanguine
quaesissent. his ac talibus mitigati animi.
[61]
Nec multo
post legiones venere. et terrore famaque aucti exercitus Vitellianae
cohortes
nutabant, nullo in bellum adhortante, multis ad transitionem, qui suas
centurias turmasque tradere, donum victori et sibi in posterum gratiam,
certabant. per eos cognitum est Interamnam proximis campis praesidio
quadringentorum equitum teneri. missus extemplo Varus cum expedita manu
paucos
repugnantium interfecit; plures abiectis armis veniam petivere. quidam
in
castra refugi cuncta formidine implebant, augendo rumoribus virtutem
copiasque
hostium, quo amissi praesidii dedecus lenirent. nec ulla apud
Vitellianos
flagitii poena, et praemiis defectorum versa fides ac reliquum
perfidiae
certamen. crebra transfugia tribunorum centurionumque; nam gregarius
miles
induruerat pro Vitellio, donec Priscus et Alfenus desertis castris ad
Vitellium
regressi pudore proditionis cunctos exolverent.
[62]
Isdem diebus
Fabius Valens Vrbini in custodia interficitur. caput eius Vitellianis
cohortibus ostentatum ne quam ultra spem foverent; nam pervasisse in
Germanias
Valentem et veteres illic novosque exercitus ciere credebant: visa
caede in
desperationem versi. et Flavianus exercitus immane quantum
<aucto> animo
exitium Valentis ut finem belli accepit. natus erat Valens Anagniae
equestri
familia. procax moribus neque absurdus ingenio famam urbanitatis per
lasciviam
petere. ludicro Iuvenalium sub Nerone velut ex necessitate, mox sponte
mimos
actitavit, scite magis quam probe. legatus legionis et fovit Verginium
et
infamavit; Fonteium Capitonem corruptum, seu quia corrumpere
nequiverat,
interfecit: Galbae proditor, Vitellio fidus et aliorum perfidia
inlustratus.
[63] Abrupta undique spe Vitellianus miles
transiturus
in partis, id quoque non sine decore, sed sub signis vexillisque in
subiectos Narniae campos
descendere. Flavianus
exercitus, ut ad proelium intentus armatusque, densis circa viam
ordinibus
adstiterat. accepti in medium Vitelliani, et circumdatos Primus
Antonius
clementer adloquitur: pars Narniae,
pars Interamnae subsistere iussi. relictae simul e victricibus
legiones, neque
quiescentibus graves et adversus contumaciam validae. non omisere per
eos dies
Primus ac Varus crebris nuntiis salutem et pecuniam et secreta
Campaniae
offerre Vitellio, si positis armis seque ac liberos suos Vespasiano
permisisset.
in eundem modum et Mucianus composuit epistulas; quibus plerumque
fidere
Vitellius ac de numero servorum, electione litorum loqui. tanta torpedo
invaserat animum ut, si principem eum fuisse ceteri non meminissent,
ipse
oblivisceretur.
[64] At primores civitatis Flavium Sabinum
praefectum
urbis secretis sermonibus incitabant, victoriae famaeque partem
capesseret:
esse illi proprium militem cohortium urbanarum, nec defuturas vigilum
cohortis,
servitia ipsorum, fortunam partium, et omnia prona victoribus: ne
Antonio
Varoque de gloria concederet. paucas Vitellio cohortis et maestis
undique
nuntiis trepidas; populi mobilem animum et, si ducem se praebuisset,
easdem
illas adulationes pro Vespasiano fore; ipsum Vitellium ne prosperis
quidem
parem, adeo ruentibus debilitatum. gratiam patrati belli penes eum qui
urbem
occupasset: id Sabino convenire ut imperium fratri reservaret, id
Vespasiano ut
ceteri post Sabinum haberentur.
[65] Haudquaquam erecto animo eas voces
accipiebat,
invalidus senecta; sed erant qui occultis suspicionibus incesserent,
tamquam
invidia et aemulatione fortunam fratris moraretur. namque Flavius
Sabinus
aetate prior privatis utriusque rebus auctoritate pecuniaque
Vespasianum
anteibat, et credebatur adfectam eius fidem parce iuvisse domo agrisque
pignori
acceptis; unde, quamquam manente in speciem concordia, offensarum
operta
metuebantur. melior interpretatio, mitem virum abhorrere a sanguine et
caedibus, eoque crebris cum Vitellio sermonibus de pace ponendisque per
condicionem armis agitare. saepe domi congressi, postremo in aede
Apollinis, ut
fama fuit, pepigere. verba vocesque duos testis habebant, Cluvium Rufum
et
Silium Italicum: vultus procul visentibus notabantur, Vitellii
proiectus et
degener, Sabinus non insultans et miseranti propior.
[66] Quod si tam facile suorum mentis flexisset
Vitellius, quam ipse cesserat, incruentam urbem Vespasiani exercitus
intrasset.
ceterum ut quisque Vitellio fidus, ita pacem et condiciones abnuebant,
discrimen ac dedecus ostentantes et fidem in libidine victoris. nec
tantam
Vespasiano superbiam ut privatum Vitellium pateretur, ne victos quidem
laturos:
ita periculum ex misericordia. ipsum sane senem et prosperis
adversisque
satiatum, sed quod nomen, quem statum filio eius Germanico fore? nunc
pecuniam
et familiam et beatos Campaniae sinus promitti: set ubi imperium
Vespasianus
invaserit, non ipsi, non amicis eius, non denique exercitibus
securitatem nisi
extincto aemulo redituram. Fabium illis Valentem, captivum et casibus
dubiis
reservatum, praegravem fuisse, nedum Primus ac Fuscus et specimen
partium
Mucianus ullam in Vitellium nisi occidendi licentiam habeant. non a
Caesare
Pompeium, non ab Augusto Antonium incolumis relictos, nisi forte
Vespasianus
altiores spiritus gerat, Vitellii cliens, cum Vitellius collega Claudio
foret.
quin, ut censuram patris, ut tris consulatus, ut tot egregiae domus
honores
deceret, desperatione saltem in audaciam accingeretur. perstare
militem,
superesse studia populi; denique nihil atrocius eventurum quam in quod
sponte
ruant. moriendum victis, moriendum deditis: id solum referre,
novissimum
spiritum per ludibrium et contumelias effundant an per virtutem.
[67] Surdae ad fortia consilia Vitellio aures:
obruebatur animus miseratione curaque, ne pertinacibus armis minus
placabilem
victorem relinqueret coniugi ac liberis. erat illi et fessa aetate
parens; quae
tamen paucis ante diebus opportuna morte excidium domus praevenit,
nihil
principatu filii adsecuta nisi luctum et bonam famam. XV kalendas
Ianuarias
audita defectione legionis cohortiumque, quae se Narniae
dediderant, pullo amictu Palatio degreditur, maesta circum
familia; ferebatur lecticula parvulus filius velut in funebrem pompam:
voces
populi blandae et intempestivae, miles minaci silentio.
[68] Nec quisquam adeo rerum humanarum immemor
quem
non commoveret illa facies, Romanum principem et generis humani paulo
ante
dominum relicta fortunae suae sede per populum, per urbem exire de
imperio.
nihil tale viderant, nihil audierant. repentina vis dictatorem Caesarem
oppresserat,
occultae Gaium insidiae, nox et ignotum rus fugam Neronis absconderant,
Piso et
Galba tamquam in acie cecidere: in sua contione Vitellius, inter suos
milites,
prospectantibus etiam feminis, pauca et praesenti maestitiae
congruentia
locutus--cedere se pacis et rei publicae causa, retinerent tantum
memoriam sui
fratremque et coniugem et innoxiam liberorum aetatem miserarentur--,
simul
filium protendens, modo singulis modo universis commendans, postremo
fletu
praepediente adsistenti consuli (Caecilius Simplex erat) exolutum a
latere
pugionem, velut ius necis vitaeque civium, reddebat. aspernante
consule,
reclamantibus qui in contione adstiterant, ut in aede Concordiae
positurus
insignia imperii domumque fratris petiturus discessit. maior hic clamor
obsistentium
penatibus privatis, in Palatium vocantium. interclusum aliud iter,
idque solum
quo in sacram viam pergeret patebat: tum consilii inops in Palatium
redit.
[69] Praevenerat rumor eiurari ab eo imperium,
scripseratque Flavius Sabinus cohortium tribunis ut militem cohiberent.
igitur
tamquam omnis res publica in Vespasiani sinum cecidisset, primores
senatus et
plerique equestris ordinis omnisque miles urbanus et vigiles domum
Flavii
Sabini complevere. illuc de studiis vulgi et minis Germanicarum
cohortium
adfertur. longius iam progressus erat quam ut regredi posset; et suo
quisque
metu, ne disiectos eoque minus validos Vitelliani consectarentur,
cunctantem in
arma impellebant: sed quod in eius modi rebus accidit, consilium ab
omnibus
datum est, periculum pauci sumpsere. circa lacum Fundani descendentibus
qui
Sabinum comitabantur armatis occurrunt promptissimi Vitellianorum.
modicum ibi
proelium improviso tumultu, sed prosperum Vitellianis fuit. Sabinus re
trepida,
quod tutissimum e praesentibus, arcem Capitolii insedit mixto milite et
quibusdam senatorum equitumque, quorum nomina tradere haud promptum
est,
quoniam victore Vespasiano multi id meritum erga partis simulavere.
subierunt
obsidium etiam feminae, inter quas maxime insignis Verulana Gratilla,
neque liberos
neque propinquos sed bellum secuta. Vitellianus miles socordi custodia
clausos
circumdedit; eoque concubia nocte suos liberos Sabinus et Domitianum
fratris
filium in Capitolium accivit, misso per neglecta ad Flavianos duces
nuntio qui
circumsideri ipsos et, ni subveniretur, artas res nuntiaret. noctem
adeo
quietam egit ut digredi sine noxa potuerit: quippe miles Vitellii
adversus
pericula ferox, laboribus et vigiliis parum intentus erat, et hibernus
imber
repente fusus oculos aurisque impediebat.
[70] Luce prima Sabinus, antequam in vicem
hostilia
coeptarent, Cornelium Martialem e primipilaribus ad Vitellium misit cum
mandatis et questu quod pacta turbarentur: simulationem prorsus et
imaginem
deponendi imperii fuisse ad decipiendos tot inlustris viros. cur enim e
rostris
fratris domum, imminentem foro et inritandis hominum oculis, quam
Aventinum et
penatis uxoris petisset? ita privato et omnem principatus speciem
vitanti
convenisse. contra Vitellium in Palatium, in ipsam imperii arcem
regressum; inde
armatum agmen emissum, stratam innocentium caedibus celeberrimam urbis
partem,
ne Capitolio quidem abstineri. togatum nempe se et unum e senatoribus:
dum
inter Vespasianum ac Vitellium proeliis legionum, captivitatibus
urbium,
deditionibus cohortium iudicatur, iam Hispaniis Germaniisque et
Britannia
desciscentibus, fratrem Vespasiani mansisse in fide, donec ultro ad
condiciones
vocaretur. pacem et concordiam victis utilia, victoribus tantum pulchra
esse.
si conventionis paeniteat, non se, quem perfidia deceperit, ferro
peteret, non
filium Vespasiani vix puberem--quantum occisis uno sene et uno iuvene
profici?--: iret obviam legionibus et de summa rerum illic certaret:
cetera
secundum eventum proelii cessura. trepidus ad haec Vitellius pauca
purgandi sui
causa respondit, culpam in militem conferens, cuius nimio ardori
imparem esse
modestiam suam; et monuit Martialem ut per secretam aedium partem
occulte
abiret, ne a militibus internuntius invisae pacis interficeretur: ipse
neque
iubendi neque vetandi potens non iam imperator sed tantum belli causa
erat.
[71] Vixdum regresso in Capitolium Martiale
furens
miles aderat, nullo duce, sibi quisque auctor. cito agmine forum et
imminentia
foro templa praetervecti erigunt aciem per adversum collem usque ad
primas Capitolinae
arcis fores. erant antiquitus porticus in latere clivi dextrae
subeuntibus, in
quarum tectum egressi saxis tegulisque Vitellianos obruebant. neque
illis manus
nisi gladiis armatae, et arcessere tormenta aut missilia tela longum
videbatur:
faces in prominentem porticum iecere et sequebantur ignem ambustasque
Capitolii
fores penetrassent, ni Sabinus revulsas undique statuas, decora
maiorum, in
ipso aditu vice muri obiecisset. tum diversos Capitolii aditus invadunt
iuxta
lucum asyli et qua Tarpeia rupes centum gradibus aditur. improvisa
utraque vis;
propior atque acrior per asylum ingruebat. nec sisti poterant
scandentes per
coniuncta aedificia, quae ut in multa pace in altum edita solum
Capitolii
aequabant. hic ambigitur, ignem tectis obpugnatores iniecerint, an
obsessi,
quae crebrior fama, dum nitentis ac progressos depellunt. inde lapsus
ignis in
porticus adpositas aedibus; mox sustinentes fastigium aquilae vetere
ligno
traxerunt flammam alueruntque. sic Capitolium clausis foribus
indefensum et indireptum
conflagravit.
[72] Id facinus post conditam urbem
luctuosissimum
foedissimumque rei publicae populi Romani accidit, nullo externo hoste,
propitiis, si per mores nostros liceret, deis, sedem Iovis Optimi
Maximi
auspicato a maioribus pignus imperii conditam, quam non Porsenna dedita
urbe
neque Galli capta temerare potuissent, furore principum excindi.
arserat et
ante Capitolium civili bello, sed fraude privata: nunc palam obsessum,
palam
incensum, quibus armorum causis? quo tantae cladis pretio stetit? pro
patria
bellavimus? voverat Tarquinius Priscus rex bello Sabino, ieceratque
fundamenta
spe magis futurae magnitudinis quam quo modicae adhuc populi Romani res
sufficerent. mox Servius Tullius sociorum studio, dein Tarquinius
Superbus
capta Suessa Pometia hostium spoliis extruxere. sed gloria operis
libertati
reservata: pulsis regibus Horatius Pulvillus iterum consul dedicavit ea
magnificentia quam immensae postea populi Romani opes ornarent potius
quam
augerent. isdem rursus vestigiis situm est, postquam interiecto
quadringentorum
quindecim annorum spatio L. Scipione C. Norbano consulibus flagraverat.
curam
victor Sulla suscepit, neque tamen dedicavit: hoc solum felicitati eius
negatum. Lutatii Catuli nomen inter tanta Caesarum opera usque ad
Vitellium
mansit. ea tunc aedes cremabatur.
[73] Sed plus pavoris obsessis quam
obsessoribus
intulit. quippe Vitellianus miles neque astu neque constantia inter
dubia
indigebat: ex diverso trepidi milites, dux segnis et velut captus animi
non
lingua, non auribus competere, neque alienis consiliis regi neque sua
expedire,
huc illuc clamoribus hostium circumagi, quae iusserat vetare, quae
vetuerat
iubere: mox, quod in perditis rebus accidit, omnes praecipere, nemo
exequi;
postremo abiectis armis fugam et fallendi artis circumspectabant.
inrumpunt
Vitelliani et cuncta sanguine ferro flammisque miscent. pauci
militarium
virorum, inter quos maxime insignes Cornelius Martialis, Aemilius
Pacensis,
Casperius Niger, Didius Scaeva, pugnam ausi obtruncantur. Flavium
Sabinum inermem
neque fugam coeptantem circumsistunt, et Quintium Atticum consulem,
umbra
honoris et suamet vanitate monstratum, quod edicta in populum pro
Vespasiano
magnifica, probrosa adversus Vitellium iecerat. ceteri per varios casus
elapsi,
quidam servili habitu, alii fide clientium contecti et inter sarcinas
abditi.
fuere qui excepto Vitellianorum signo, quo inter se noscebantur, ultro
rogitantes respondentesve audaciam pro latebra haberent.
[74] Domitianus prima inruptione apud aedituum
occultatus, sollertia liberti lineo amictu turbae sacricolarum immixtus
ignoratusque, apud Cornelium Primum paternum clientem iuxta Velabrum
delituit.
ac potiente rerum patre, disiecto aeditui contubernio, modicum sacellum
Iovi
Conservatori aramque posuit casus suos in marmore expressam; mox
imperium
adeptus Iovi Custodi templum ingens seque in sinu dei sacravit. Sabinus
et
Atticus onerati catenis et ad Vitellium ducti nequaquam infesto sermone
vultuque excipiuntur, frementibus qui ius caedis et praemia navatae
operae
petebant. clamore a proximis orto sordida pars plebis supplicium Sabini
exposcit, minas adulationesque miscet. stantem pro gradibus Palatii
Vitellium
et preces parantem pervicere ut absisteret: tum confossum laceratumque
et
absciso capite truncum corpus Sabini in Gemonias trahunt.
[75] Hic exitus viri haud sane spernendi.
quinque et
triginta stipendia in re publica fecerat, domi militiaeque clarus.
innocentiam
iustitiamque eius non argueres; sermonis nimius erat: id unum septem
annis
quibus Moesiam, duodecim quibus praefecturam urbis obtinuit,
calumniatus est
rumor. in fine vitae alii segnem, multi moderatum et civium sanguinis
parcum
credidere. quod inter omnis constiterit, ante principatum Vespasiani
decus
domus penes Sabinum erat. caedem eius laetam fuisse Muciano accepimus.
ferebant
plerique etiam paci consultum dirempta aemulatione inter duos, quorum
alter se
fratrem imperatoris, alter consortem imperii cogitaret. sed Vitellius
consulis
supplicium poscenti populo restitit, placatus ac velut vicem reddens,
quod
interrogantibus quis Capitolium incendisset, se reum Atticus obtulerat
eaque
confessione, sive aptum tempori mendacium fuit, invidiam crimenque
agnovisse et
a partibus Vitellii amolitus videbatur.
[76] Isdem diebus L. Vitellius positis apud
Feroniam
castris excidio Tarracinae imminebat, clausis illic gladiatoribus
remigibusque,
qui non egredi moenia neque periculum in aperto audebant. praeerat, ut
supra
memoravimus, Iulianus gladiatoribus, Apollinaris remigibus, lascivia
socordiaque gladiatorum magis quam ducum similes. non vigilias agere,
non
intuta moenium firmare: noctu dieque fluxi et amoena litorum
personantes, in
ministerium luxus dispersis militibus, de bello tantum inter convivia
loquebantur. paucos ante dies discesserat Apinius Tiro donisque ac
pecuniis
acerbe per municipia conquirendis plus invidiae quam virium partibus
addebat.
[77] Interim ad L. Vitellium servus Vergilii
Capitonis
perfugit pollicitusque, si praesidium acciperet, vacuam arcem
traditurum, multa
nocte cohortis expeditas summis montium iugis super caput hostium
sistit: inde
miles ad caedem magis quam ad pugnam decurrit. sternunt inermos aut
arma
capientis et quosdam somno excitos, cum tenebris, pavore, sonitu
tubarum,
clamore hostili turbarentur. pauci gladiatorum resistentes neque inulti
cecidere: ceteri ad navis ruebant, ubi cuncta pari formidine
implicabantur,
permixtis paganis, quos nullo discrimine Vitelliani trucidabant. sex
Liburnicae
inter primum tumultum evasere, in quis praefectus classis Apollinaris;
reliquae
in litore captae, aut nimio ruentium onere pressas mare hausit.
Iulianus ad L.
Vitellium perductus et verberibus foedatus in ore eius iugulatur. fuere
qui
uxorem L. Vitellii Triariam incesserent, tamquam gladio militari cincta
inter
luctum cladisque expugnatae Tarracinae superbe saeveque egisset. ipse
lauream
gestae prospere rei ad fratrem misit, percontatus statim regredi se an
perdomandae Campaniae insistere iuberet. quod salutare non modo
partibus
Vespasiani, sed rei publicae fuit. nam si recens victoria miles et
super
insitam pervicaciam secundis ferox Romam contendisset, haud parva mole
certatum
nec sine exitio urbis foret. quippe L. Vitellio quamvis infami inerat
industria, nec virtutibus, ut boni, sed quo modo pessimus quisque,
vitiis
valebat.
[78] Dum haec in partibus Vitellii geruntur,
digressus
Narnia
Vespasiani exercitus festos
Saturni dies Ocriculi per otium agitabat. causa tam pravae morae ut
Mucianum
opperirentur. nec defuere qui Antonium suspicionibus arguerent tamquam
dolo
cunctantem post secretas Vitellii epistulas, quibus consulatum et
nubilem
filiam et dotalis opes pretium proditionis offerebat. alii ficta haec
et in
gratiam Muciani composita; quidam omnium id ducum consilium fuisse,
ostentare
potius urbi bellum quam inferre, quando validissimae cohortes a
Vitellio
descivissent, et abscisis omnibus praesidiis cessurus imperio
videbatur: sed
cuncta festinatione, deinde ignavia Sabini corrupta, qui sumptis temere
armis
munitissimam Capitolii arcem et ne magnis quidem exercitibus
expugnabilem
adversus tris cohortis tueri nequivisset. haud facile quis uni
adsignaverit
culpam quae omnium fuit. nam et Mucianus ambiguis epistulis victores
morabatur,
et Antonius praepostero obsequio, vel dum regerit invidiam, crimen
meruit;
ceterique duces dum peractum bellum putant, finem eius insignivere. ne
Petilius
quidem Cerialis, cum mille equitibus praemissus, ut transversis
itineribus per
agrum Sabinum Salaria via urbem introiret, satis maturaverat, donec
obsessi
Capitolii fama cunctos simul exciret.
[79] Antonius per Flaminiam ad Saxa rubra multo
iam
noctis serum auxilium venit. illic interfectum Sabinum, conflagrasse
Capitolium, tremere urbem, maesta omnia accepit; plebem quoque et
servitia pro
Vitellio armari nuntiabatur. et Petilio Ceriali equestre proelium
adversum
fuerat; namque incautum et tamquam ad victos ruentem Vitelliani,
interiectus
equiti pedes, excepere. pugnatum haud procul urbe inter aedificia
hortosque et
anfractus viarum, quae gnara Vitellianis, incomperta hostibus metum
fecerant.
neque omnis eques concors, adiunctis quibusdam, qui nuper apud Narniam dediti fortunam partium
speculabantur. capitur praefectus alae Iulius Flavianus; ceteri foeda
fuga
consternantur, non ultra Fidenas secutis victoribus.
Riportiamo in italiano le
citazioni dei capitoli dove compare la parola Narnia
[58 it] Quando Vitellio seppe di
questi fatti,
lasciata a Narnia una parte di
truppe coi prefetti del pretorio mandò il fratello Lucio con
sei coorti e
cinquecento cavalieri incontro alla guerra che si avvicinava attraverso
la
Campania.
( a Narnia
doveva restare la legione seconda Adiutrix, con parte della cavalleria.
I
prefetti del pretorio erano Giulio Prisco e Alfeno Varo ).
Intimamente
abbattuto, egli si rianimava alle proteste di simpatia dei soldati e
alle grida
del popolo, che chiedeva armi: e nella sua illusione chiamava esercito
e
legioni quella che non era se non una massa di vigliacchi, audace
soltanto a
parole. Su esortazione dei liberti (perchè trai suoi amici i
più illustri erano
i meno fidati) convoca le tribù ed ai giovani che si
arruolano fa prestare il
giuramento. Poichè
il numero era
sovrabbondante , divide tra i consoli il compito di scegliere le
reclute: ai
senatori impone un certo numero di servi e di un determinato peso di
argento...................
[60 it ] I capi del partito
Flaviano, giunti a
Carsule , si prendono pochi giorni di riposo, in attesa che il grosso
dell'esercito li raggiunga con le aquile e con l'insegne ( erano restate a Verona).
La località stessa
del campo era attraente: la veduta di là era molto ampia ,
assicurati i
rifornimenti per le truppe, i municipi poi alle loro spalle
fiorentissimi; nel
tempo stesso si sperava di entrare in colloquio coi Vitelliani,
distanti appena
dieci miglia ( essi erano a Narnia ). Mal sopportando questa
prospettiva i soldati, che alla pace preferivano la vittoria; non
volevano
nemmeno aspettare le proprie legioni ( che venivano da Verona) , quasi
le
considerassero pronte a dividere la preda, più che i rischi.
Antonio li radunò
e disse che Vitellio aveva ancora delle forze, irrisolute se si
trovassero a
dover deliberare, temibili se strette dalla disperazione; che gli inizi
della
guerra civile dipendono dalla sorte, ma la vittoria si raggiunge con la
prudenza ed il calcolo. Già si erano staccate da Vitellio la
flotta del Miseno
e le bellissime rive della Campagnia; di tutto il mondo , non restava a
lui
niente più del territorio tra Terracina e Narnia.
Gloria bastante si erano guadagnati con la battaglia di Cremona , ma
troppi gli
odii con la distruzione della città, ora essi non dovevano
desiderare di
conquistare Roma piuttosto di salvarla. Maggiori compensi avrebbero
avuto e
vanto assai superiore ad ogni altro , se avessero assicurato
l'incolumità al
senato e al popolo romano senza spargimento di sangue. Da queste e da
altre
simili considerazioni gli animi furono placati.
[63it] Caduta da ogni parte la
speranza per i
soldati vitelliani, disposti a cambiare partito, ma non senza una certa
dignità, scesero nella pianura sotto Narnia
con le insegne e le bandiere. L'esercito Flaviano pronto ed armato come
a
battaglia, si era disposto ai lati della via in schiere serrate.
Vennero così
accolti nel mezzo i Vitelliani; e una volta circondati li
arringò con clemenza
Primo Antonio; ebbero ordine di fermarsi parte a Narnia
e parte a Terni.
Vennero
lasciate insieme a loro alcune delle legioni vincitrici presidio non
troppo
molesto se rimanevano tranquilli, abbastanza valido in caso di
ribellione. In
quel periodo Primo e Varo non mancarono di offrire a Vitellio, con
ripetuti
messaggi , salvezza e denaro e un rifugio sicuro in Campania,
perchè deponesse
le armi e si fosse consegnato con i figli a Vespasiano. Anche Muciano
gli
scrisse delle lettere dello stesso tenore, che in generale ispiravano
fiducia a
Vitellio, il quale teneva discorsi sul numero dei servi e sulla
spiaggia che
avrebbe scelto. Tanto grave torpore era entrato nell'animo suo che se
gli altri
non si fossero ricordati che egli era stato imperatore, egli stesso
l'avrebbe
dimenticato.
[67
it ] Le orecchie di
Vitellio restavano
sorde ai consigli di energia: il suo animo era oppresso dalla
commiserazione e
dal pensiero che se si fosse ostinato a lottare , la moglie ed i figli
troverebbero più implacabili il vincitore. Aveva anche la
madre vecchissima,
essa però prevenne con una morte tempestiva , di pochi
giorni l'eccidio della
famiglia, senza aver ricavato nulla dal principato del figlio se non pianto
e fama di bontà. Nel giorno
quindicesimo prima delle calende di gennaio ( 18 dicembre 69 d.c.)
appresa la
defezione delle legioni e delle coorti che avevano capitolato a Narnia , Vitellio
in abito da lutto , esce dal palazzo
circondato dai liberti, e
dagli schiavi piangenti; dietro di lui veniva portato sopra una piccola
lettiga
il figlioletto, come una cerimonia funebre. Benevole, ma inopportune le
grida
del popolo, in minaccioso silenzio i soldati.
[78
it ] Mentre
ciò avveniva nel partito di
vitellio, l'esercito di Vespasiano , partito da
Narnia celebrava
tranquillamente ad Otricoli i Saturnali. Motivo di così
deplorevole indugio ,
il dover attendere Muciano. Ma non mancò chi sospettava
Antonio di aver
temporeggiato ad arte, dopo che aveva ricevuto una lettera segreta da
Vitellio,
in cui questi gli offriva, quale prezzo del tradimento il consolato e
la figlia
nubile con una ricca dote. Altri sostengono essere questa una
invenzione ,
creata per ingraziarsi Muciano ; alcuni altri che fosse un piano
concertato da
tutti i comandanti quello di minacciare guerra alla città di
Roma senza
portarvela realmente, giacchè le coorti più
valide avevano abbandonato Vitellio
e questi pareva destinato a lasciare l'impero essendogli venute meno
tutte le
risorse. Ma che il
piano era stato
sconvolto dalla precipitazione e poi dalla incapacità di
Sabino, il quale
riprese follemente le armi ,
non aveva
saputo difendere la rocca del Campidoglio, formidabile e non
espugnabile
neppure dai grandi eserciti. Non
si può
far cadere su uno solo la colpa che fu di tutti; infatti da un lato
Muciano con
i suoi messaggi ambigui faceva ritardare i vincitori, dall'altra
Antonio per
una condiscendenza intempestiva o forse per desiderare di attirare
l'odio su
Muciano, si rese colpevole davvero;
anche gli altri comandanti col
considerare terminata la guerra resero tristemente famosa la fine di
lui. Lo
stesso Petilio Ceriale , mandato avanti con mille cavalieri
affinchè per
scorciatoie attraverso il territorio
Sabino raggiungesse la via Salaria e di li entrasse in Roma, non si era
affrettato abbastanza; fino a che la notizia dell'assalto al
Campidoglio non li
fece svegliare tutti quanti.
[79 it ] Antonio arrivò
per la via Flaminia ai sassi
rossi ( Grotta rossa a 9 miglia da Roma) soccorso tardivo a notte
già
inoltrata. Colà apprese dell'uccisione di Sabino, l'incendio
del Campidoglio,
lo sgomento di Roma , null'altro insomma che tristi notizie. Gli si
annunziava
inoltre che la plebe e gli schiavi si armavano a favore di Vitellio.
Petito
Ceriale in uno scontro di cavalleria aveva avuto la peggio;
perchè mentre
accorreva senza precauzione , quasi gettandosi a precipizio sui nemici
già
vinti, i Vitelliani lo affrontarono con fanti e cavalieri frammisti
insieme. Si
combattè non lontano dalla città tra case e
giardini e viottoli tortuosi ben
noti a vitelliani e sconosciuti perciò temibili per i loro
avversari. E non era
nemmeno tutto concorde lo squadrone , essendosi aggiunti alcuni che da
poco si
erano arresi a Narnia ed ora spiavano la sorte
dei due partiti.
Viene catturato il prefetto di cavalleria Giulio Flaviano; tutti gli
altri si
danno alla fuga vergognosa, ma i vincitori non li seguiranno al di
là di Fidene
( Castel Giubileo a
5 miglia da Roma
sulla Salaria).
Capitolo 15
La
Narnia dell'antica Roma
Riassunto
delle letture su Narnia di C.S.
Lewis
Come cita Paul Ford's su "Companion
to Narnia":
Dal
momento che i primi successi di Lewis ad Oxford , furono nei classici
latini e
nella storia antica, è possibile che Lewis abbia letto
almeno sette riferimenti
alla Narnia romana
in Italia, nei testi
della letteratura latina.
"
Quattro citazioni sono state trovate nelle Historiae di Livio (10:10,
27:9,27:50, and 29:15) , altre citazioni sono state trovate negli
annali di
Tacito (3:9)
inoltre Plinio il Vecchio
commenta nelle sue Storie Naturali riguardo il clima particolare di Narnia ( che diventa secco durante la
stagione delle pioggie).... infine Plinio il Giovane nelle sue lettere
alla
suocera Pompea Celerina , menziona l'eccellenza degli alloggi della sua
villa
presso Narnia, e specialmente i
suoi
stupendi bagni. Di questi riferimenti , Lewis menziona sicuramente
Plinio il
Giovane, in una lettera ad Arthur Greeves".
Ma
cosa avrebbe letto Lewis nei riferimenti citati???????
In
pratica tutta la storia della nostra Narnia
romana dalla sua fondazione nel 299 a.C. fino a circa il 120 d.C.
Cerchiamo
di scoprire meglio seguendo l'ordine cronologico la storia di Narnia attraverso
gli scritti latini.
La
colonia latina Narnese:
La
colonia
romana di Narnia
nasce tra la fine del IV e
l’inizio del
III secolo a.C. In particolare Livio è
lo storico che riporta le operazioni
militari , che coinvolsero l’Umbria
e svoltesi nella
guerra contro gli
Etruschi e gli
altri popoli italici alla
fine del IV secolo. La datazione esatta è quella del 299
a.C. data in cui
l’antica Nequinium fu
conquistata
dai Romani a causa
del tradimento di due
narnesi
Le
citazioni di Livio sono tratte
dal libro
ab-urbe condita
ed
esattamente:
libro
10
Capitolo
9
Capitolo
10
Libro
27
Capitolo
9
Capitolo
43
Capitolo
50
Libro
29 Capitolo 15
Tralasciando
le descrizione generali che potrete trovare in appendice , le parti
più
interessanti che riguardano Narnia sono
:
libro 10
Capitolo 9
Alter consul
Appuleius in Vmbria Nequinum oppidum
circumsedit. Locus erat arduus atque in parte una praeceps, ubi nunc
Narnia
sita est, nec ui nec munimento capi poterat. Itaque eam infectam rem M. Fuluius Paetus T.
Manlius Torquatus noui
consules acceperunt. In eum annum cum Q. Fabium consulem non petentem
omnes
dicerent centuriae, ipsum auctorem fuisse Macer Licinius ac Tubero
tradunt differendi
sibi consulatus in bellicosiorem annum: eo anno maiori se usui rei
publicae
fore urbano gesto magistratu; ita nec dissimulantem quid mallet nec
petentem
tamen, aedilem curulem cum L. Papirio Cursore factum.
libro
10 Capitolo 10
[10]
Ceterum ad Nequinum oppidum cum segni obsidione tempus tereretur, duo
ex
oppidanis, quorum erant aedificia iuncta muro, specu facto ad stationes
Romanas
itinere occulto perueniunt; inde ad consulem deducti praesidium armatum
se
intra moenia et muros accepturos confirmant. Nec
aspernanda res uisa
neque incaute credenda. Cum altero eorum nam alter obses retentus duo
exploratores per cuniculum missi; per quos satis comperta re trecenti
armati
transfuga duce in urbem ingressi nocte portam, quae proxima erat,
cepere. Qua
refracta consul exercitusque Romanus sine certamine urbem inuasere. Ita
Nequinum in dicionem populi Romani uenit. Colonia eo aduersus Vmbros
missa a
flumine Narnia appellata; exercitus cum magna praeda Romam reductus.
libro 10
Capitolo 9
.....Lo
stesso console combattè anche una guerra contro gli Equi in
rivolta, guerra per
niente memorabile, perchè tranne la fierezza d'animo essi
non conservavano più
nulla dell'antica fortuna. L'altro console , Apuleio, strinse d'assedio
in
Umbria la città di Nequinum . La posizione era ardua e
da una parte ,
dove oggi è situata Narnia, scoscesa e non si riusciva
a prenderla nè
d'assalto nè con opere d'approccio. Perciò ai
nuovi consoli , Marco Fulvio Peto
e Tito Manlio Torquato, toccò quell'impresa ancora
incompiuta.............
libro 10
Capitolo 10
Intanto
a Nequinium , mentre il tempo passava nel lento assedio, due cittadini,
le cui
case erano addossate alle mura, scavata una galleria , giunsero di
nascosto ai
posti di guardia dei romani: condotti quindi davanti al console, lo
assicurarono che avrebbero fatto entrare in città un
presidio armato. Sembrò
che questa proposta non fosse nè da respingere nè
da accettare ciecamente.
Furono mandati attraverso il cunicolo insieme ad uno di essi, l'altro
fu
trattenuto come ostaggio, due esploratori: avute per mezzo loro notizie
sicure,
trecento armati, sotto la guida del disertore, penetrarono di notte
nella città
e occuparono la porta più vicina. Abbattuta questa , il
console e l'esercito
romano piombarono in città senza incontrare resistenza.
Così Nequinum cadde in
potere del popolo
romano. Vi fu stanziata per tenere a bada gli Umbri una colonia, che
dal nome
del fiume ( NAR) fu chiamata NARNIA ; l'esercito fu ricondotto a
Roma con grande bottino.
Note
Va
sottolineato che nel 299 a.c. finisce l'esistenza della popolazione
Umbra con
tradizioni incerte (Italiche, Celtiche...) ed inizia con l'immissione
di
soldati e coloni Romani , un periodo in cui a Narnia
vengono stanziati alcuni dei più validi soldati romani a
difesa della grande Roma.
Narnia quindi come baluardo
di Roma e sua difesa dai popoli provenienti da
nord. Questo
periodo segna anche una crescita di Narnia ed un suo nuovo assetto
territoriale
con cardo e decumano con nuove fortificazioni e sempre maggiore
autorità per i
cittadini narnesi che aumenterà nel tempo con la famiglie
importanti , come
quella dei Nerva che addirittura porterà ad Avere come
imperatore romano un
abitante di Narnia , Cocceio Nerva.
Ritroviamo
ancora informazioni su Narnia
sempre
da parte di Livio dopo qualche tempo ed esattamente quando siamo
durante la
seconda guerra
punica siamo nel 209 a.C.
Narnia rifiutò l'ordine di
Roma di
inviare soldati e denaro per combattere Cartagine.
Libro 27 Capitolo 9
In
quel tempo le colonie del popolo romano erano trenta ; dodici di queste
,
mentre le ambascerie di tutti si trovavano a Roma , fecero sapere ai
consoli di
non avere nè soldati nè denaro da dare. Queste
colonie furono: Ardea,
Nepete, Sutri, Alba, Carseoli , Sora,
suessa, Circei, Sezia, Cales, NARNIA,
Interamna. Impressionati da questo nuovo ed improvviso atteggiamento
degli
alleati , i consoli, volendo dissuaderli da una decisione
così esacrabile e
ritenendo più utile procedere con le minacce e con i
rimproveri che usare la
benevolenza, risposero agli ambasciatori alleati che essi avevano osato
dire ai
consoli ciò che i consoli stessi esitavano a dire di fronte
al senato, poichè
non si trattava di sottrarsi all'impegno
di fornire soldati, ma di ribellarsi apertamente al popolo romano.
Ritornassero
quindi in fretta nelle loro colonie, e
come se nulla fosse accaduto, ed
essi avessero soltanto accennato a
parole alla possibilità di un così grave
misfatto, piuttosto che osare
realmente di compierlo, si consigliassero con i loro concittadini.
Ricordassero
a loro che essi non erano nè Campani, nè
Tatentini, ma Romani; da Roma avevano
avuto origine , di qui erano stati mandati nelle colonie e nelle terre
conquistate in guerra, al fine di perpetuare la stirpe. Ciò
che i figli devono
ai genitori , essi lo dovevano ai Romani, se ancora rimaneva nei loro
animi
alcuna devozione filiale e la memoria dell'antica patria. I loro
concittadini
prendessero dunque una nuova deliberazione; infatti ciò che
avevano
avventatamente già deciso, avrebbe portato a tradire la
repubblica romana e a
dare la vittoria ad Annibale. Dopo che a giorni alterni ciascuno dei
consoli
ebbe a lungo ed ampiamente ripetuto tali argomentazioni , gli
ambasciatori per
nulla scossi, risposero dichiarando che essi non avevano nulla di
riferire in
patria e che il loro senato non aveva più nulla di nuovo da
deliberare, poichè
non vi era più un soldato da reclutare , nè
restava denaro per le paghe
militari. I consoli vedendo che gli ambasciatori erano irremovibili,
riferirono
la cosa al senato , il quale fu preso da un terrore così
grande che una gran
parte dei senatori dichiarò che ormai Roma era finita: anche
le altre colonie e
gli alleati si sarebbero comportati allo stesso modo tutti ormai
cospiravano
per consegnare Roma nelle mani di Annibale.
Libro 27 Capitolo 43
Mentre queste cose avvenivano , Asdrubale, dopo aver abbandonato
l'assedio di
Piacenza, inviò ad Annibale con una lettera, quattro
cavalieri galli e due
numidi. Costoro passarono attraverso i nemici , percorrendo in
lunghezza quasi
tutta l'Italia ; mentre inseguivano Annibale che si ritirava a
Metaponto ,
avviati verso Taranto dall'incertezza delle strade furono sorpresi da
soldati
romani che stavano foraggiando nei campi
e condotti al propretore Q. Claudio.
Dapprima tentarono di imbrogliarlo
con risposte ambigue, poi quando la paura di essere torturati li
costrinse a
rivelare la verità, rivelarono di portare ad Annibale un
messaggio da parte di
Asdrubale. Con la lettera ancora sigillata, furono consegnati al
tribuno
militare, L. Virginio per essere condotti al console Claudio.; insieme
furono
mandati due squadroni di Sanniti
perchè
li scortassero. Allorchè giunsero al console e per mezzo di
un interprete fu
letto il messaggio e fu fatto l'interrogatorio dei prigionieri, Claudio
ritenne
che nell'interesse dello stato quello non dovesse essere il momento in
cui si
dovesse usare la normale procedura, in virtù della quale,
ciascuno dei consoli
doveva condurre la guerra nell'ambito della propria provincia contro
quel
nemico che il senato gli aveva assegnato. Claudio, giudico invece, che
fosse
allora il caso di osare qualche impresa di nuovo tipo che incominciata
che
fosse, non gettasse nel terrore i suoi concittadini meno che i nemici,
ma che ,
condotta a termine, dovesse trasformare una grande paura in una grande
gioia;
mandò perciò al senato la lettera di Asdrubale e
nello stesso tempo comunicò
egli stesso ai senatori il suo piano. Poichè
Asdrubale scriveva al fratello che
gli sarebbe andato incontro in
Umbria, egli consigliava al senato di richiamare una legione da Capua a
Roma,
di fare a Roma le leve e di fronteggiare il nemico a Narnia
con l'esercito urbano.
Nota:
Gli eventi diedero ragione ai
Romani che a marce
forzate riuscirono a spostare il loro esercito dal sud Italia dove era
Annibale
, e da Roma dove erano truppe a difesa della città al nord
passando per la
Flaminia ( costruita nel 220
a.C. dal
censore Gaio Flaminio, poco prima della discesa di Annibale in Italia )
per
fronteggiare l'esercito di Asdrubale , sicuro che Annibale sarebbe
rimasto a
Canusio in attesa di notizie del fratello, il console Nerone scelse nel
suo
esercito settemila uomini e, lasciato il grosso presso il campo
cartaginese,
alla testa di quelle poche migliaia di armati si diresse a marce
forzate verso
il Piceno e raggiunse il console LIVIO che si trovava accampato a Sena
(Senigaglia).Asdrubale non si accorse dell'arrivo dei rinforzi dei romani,
perchè questi invece
di allargare il loro accampamento ,
come era d'uso, accolsero i loro commilitoni nelle proprie tende
accomodandosi
alla meglio, e traendo in inganno il nemico.
La battaglia del fiume Metauro fu
vinta dai Romani l'esercito di
Asdrubale fu annientato e lo stesso Asdrubale fu ucciso e decapitato.
Libro 27 Capitolo 50
Nerone
nella notte che seguì la battaglia partì con una
rapidità maggiore di quella
con la quale era venuto e sei giorni dopo pervenne al suo accampamento
nelle
vicinanze di Annibale. Al suo passaggio fu accolto da un minor numero
di
persone, perchè non si era fatto precedere da alcun
messaggero; tuttavia fu
così sfrenata la gioia di coloro che gli andavano incontro
che a stento pareva
che la gente potesse conservare il controllo di se.
Non
è possibile narrare e descrivere quale fu in Roma lo stato
d'animo ed il
comportamento dei cittadini nonchè la trepida aspettativa
degli eventi ed il
modo col quale i romani accolsero la notizia della vittoria. Per tutti
i giorni
, dopo che si seppe che il console Claudio era partito, dall'alba al
tramonto
nessun senatore abbandonò mai nè la Curia
nè il suo ufficio, nè mai il popolo
si mosse dal foro. Le matrone, non avendo alcuna possibilità
di azione, si
volsero alle preghiere ed alle invocazioni andando da un tempio
all'altro e non
dando tregua agli dei con le loro suppliche ed i loro voti. Mentre al
città era
sospesa in preda all'inquietudine , si sparse dapprima l'incerta
notizia che
due cavalieri di NARNIA erano
giunti
dalla battaglia nell'accampamento collocato all'ingresso della stretta
che si
apre sull'Umbria ed avevano raccontato che il nemico era stato
distrutto.
Dapprima la notizia fu accolta più con le orecchie che con
l'animo, perchè
sembrava troppo grande e troppo bella per essere concepita con la mente
o per
essere creduta; la stessa rapidità con la quale la notizia
era pervenuta
impediva che le si prestasse fede, poichè si diceva che la
battaglia era
avvenuta appena due giorni prima.
Subito
dopo una lettera giunta dall'accampamento da parte di L. Manlio
Acidino,
informava dell'arrivo dei cavalieri di NARNIA . Questa lettera , portata
attraverso il Foro
al tribunale del pretore, fece uscire i senatori dalla Curia ; il
popolo si
affollò allora alle porte della Curia con tale selvaggio
tumulto, che il
messaggero non potendo entrare fu trascinato dalla turba di quelli che
a gran
voce chiedevano che la lettera fosse letta pubblicamente , prima sui
rostri e
poi al senato. Alla fine , quando la folla fu allontanata e trattenuta
dai
magistrati , la gioia potè essere condivisa tra coloro il
cui animo era
incapace di contenerla. Prima in senato, poi all'assemblea del popolo,
fu letto
il messaggio e secondo la diversità dei caratteri, alcuni ne
trassero motivo di
gioia sincera, altri invece, non si sentirono di prestare fede assoluta
alla
notizia, prima di averla appresa dai messaggeri e dalle lettere dei
consoli.
Libro 29 Capitolo 15
Allorchè
si tratto dei rinforzi da fornire alle legioni che erano nelle
province, fu
proposto da alcuni senatori di non tollerare più , quanto
ormai per favore
degli dei la paura era finalmente scomparsa, quello che in situazione
critica
in un certo senso si era tollerato.
Mentre
tutti erano in
attesa di sentire di che
si trattava , coloro che avevano parlato aggiunsero che dodici colonie
latine
che avevano rifiutato di dare soldati ai consoli Q. Fabio e Q. Fulvio,
fruivano
già da circa sei anni dell'esonero dal servizio militare ,
come di un onore o
di un privilegio, mentre gli alleati
fedeli e scrupolosi si erano
impoveriti a causa dei continui
arruolamenti di quegli anni, per serbarsi leali e condiscendenti verso
il popolo
romano. Queste dichiarazioni più che richiamare la memoria
dei senatori un
fatto ormai dimenticato ,
suscitarono in essi vivissimo sdegno. Perciò
non tollerando che i consoli trattassero altri argomenti prima di
questo ,
stabilirono che i consoli chiamassero a Roma i magistrati e i dieci
cittadini
più autorevoli delle colonie incriminate: Nepete, Sutri,
Ardea, Cales , Sora,
Alba, Carseoli , Suessa, Circei, Sezia, NARNIA,
Interamna. A
costoro doveva essere
trasmesso l'ordine di fornire a ciascuna colonia un numero doppio di
soldati di
quello massimo che aveva dato al popolo romano dal tempo in cui i
Cartaginesi
avevano messo piede in Italia; in più cento cavalieri per
ogni colonia; se poi
qualcuna di esse non era in condizione di fornire quel numero di
cavalieri,
poteva offrire tre fanti per ogni cavaliere.
Sia fanti che cavalieri dovevano
essere scelti tra i più ricchi e
dovevano essere mandati fuori d'Italia, là dove fossero
necessari dei rinforzi;
se qualcuno di loro si fosse opposto , si trattenessero in ostaggio i
magistrati e gli ambasciatori di quella colonia senza ammetterli
all'udienza
del senato, qualora lo avessero richiesto, prima di aver eseguito gli
ordini
ricevuti. Si
decretò inoltre , di
imporre a quelle colonie il contributo annuo di un asse per ogni mille
assi di
bronzo posseduti e di effettuare in esse un censimento secondo le norme
prescritte dai censori romani e fu stabilito che tali norme fossero le
stesse
vigenti per il popolo romano e che il risultato di tale censimento
fossero portati
a Roma dai censori giurati delle colonie, prima di
abbandonare la carica. In
virtù di
questa delibera del
senato furono
chiamati a Roma i magistrati e i più autorevoli cittadini di
quelle colonie.
Quando i consoli ingiunsero a costoro di fornire i soldati e pagare il
tributo
, essi rifiutarono e gli uni e gli altri si misero a protestare dicendo
di non
potere in nessun modo procurare una così grande
quantità di soldati. Se a loro
fosse stato imposto un semplice contributo secondo le convenzioni
stabilite ,
non doppio, solo a stento si sarebbero sforzati di fornirlo. Pregavano,
perciò
e scongiuravano di essere ammessi all'udienza del senato per esporre le
loro
suppliche. Dichiaravano inoltre di non aver commesso nulla
perchè meritassero
di andare in rovina; se questo poi dovesse accadere , nè la
loro colpa, nè lo
sdegno del popolo romano avrebbero potuto far si che essi fossero in
condizione
di fornire un contingente di soldati maggiore di quello che avevano. I
consoli
irremovibili imposero
agli ambasciatori
di rimanere a Roma; ai magistrati invece, ordinarono di ritornare in
patria per
procedere agli arruolamenti : se non fosse stata condotta a Roma la
quantità di
truppe richiesta, nessuno di loro sarebbe stato ammesso in senato.
Poichè in
tal modo fu tolta ad essi la speranza di poter fare ascoltare ai
senatori le
loro lagnanze, in quelle dodici colonie furono condotte a termine le
leve senza
alcuna difficoltà, dal momento che il numero dei giovani era
molto aumentato a
causa del lungo periodo di esenzione dal servizio militare.
Citazioni di Tacito :
Tacito
Vita: nasce tra il
54 ed il 57 a Terni, altri dicono forse in Gallia, da una famiglia
dell’ordine
equestre. Si forma culturalmente a Roma, vive sotto i Flavi e poi sotto
Nerva,
Traiano, Adriano. Si dedica alla carriera politica.
Date importanti
78
Sposa la figlia di Agricola
78-89
Dialogus de oratoribus
97-98 De
Germania
104-109
Historiae
113-117
Annales
Le
citazioni di Tacito relativamente a Narnia sono:
Tacitus's Annals (3:9)
Historiae - Liber III
(Capitoli:58,60,63 due
volte,67,78,79)
Tacito Annals (3:9)
Siamo intorno all'anno 20 D. C.
[9it ]
Pisone
attraversato il mare di Dalmazia ( attuale Adriatico) e lasciate le
navi ad
Ancona , per il piceno e poi per la via Flaminia (Via costruita nel 220
a.c. ad
opera del console Gaio Flaminio) raggiunse la legione che dalla
Pannonia veniva
condotta a Roma , per essere poi inviata di guarnigione in Africa; fu
oggetto
di molti commenti il fatto che egli si fosse mostrato spesso negli
schieramenti
e durante la marcia. Da Narnia ( prendeva il nome dal
fiume Nar oggi Nera)
per non dare sospetti o
forse perchè chi
ha paura è incerto nel decidere, si fece portare lungo il
corso del Nera , poi
del Tevere, ed aggravò lo sdegno del popolo ,
perchè avendo preso terra vicino
alla tomba dei Cesari ( mausoleo di Augusto), in pieno giorno , e
mentre la
riva era affollata, si erano avanzati lui una folta schiera di clienti,
Plancina con un seguito di donne, entrambi con volto gioioso. Tra
l'altro destò
malevolenza l'apparato festivo della sua casa, dominante il foro, ed il
ricevimento ed il banchetto: cose che tutti seppero essendo il luogo
frequentatissimo.
Tacito
Historiae - Liber III (Capitoli:58,60,63 due volte,67,78,79)
Siamo intorno al
69 Dopo Cristo. Siamo nelle ultime
fasi che porteranno al potere T.
Flavio Vespasiano , in lotta con Vitellio
. Tacito racconta nelle sue Historiae gli eventi
e la città di Narnia è più volte
menzionata, più che altro come riferimento
geografico, non si parla mai dell'atteggiamento dei suoi cittadini
verso l'una
o l'altra parte.
I fatti possono riassumersi
così:
Vitellio stabilisce due capisaldi ,
a Narnia ed in Campania , come
estremi
baluardi della difesa di Roma, lasciando nel più
settentrionale una parte delle
sue forze sotto i prefetti del pretorio, mentre ormai i flaviani
occupavano
Meuania (Bevagna) e
le nevi rendevano
difficile il passaggio sugli Appennini. Le truppe di Vespasiano avevano
stabilito il campo a Carsulae , Antonio Primo che li comandava ,
prevedeva la possibilità
di giungere senza lotta alla resa delle truppe di Vitellio che
presidiavano il
passaggio della Flaminia a Narnia ,
ad appena dieci miglia di distanza.
Antonio , diplomatico nel contenere
i suoi e conciliante verso gli
avversari, mirava insieme ad ottenere la resa dei vitelliani , ormai
inferiori
di numero ed a evitare di dover forzare la posizione chiave a Narnia. Debellato il piccolo presidio
di Interamna ( Terni con circa 400 cavalieri), era cominciato
progressivamente
lo sfaldamento delle forze Vitelliane , definitivamente abbattute alla
notizia
della morte di Fabio Valente. L'armata di Vitellio si indusse alla fine
, a
discendere nel piano davanti a Narnia , mentre
le legioni Flaviane erano schierate
lungo la Flaminia. "L'esercito Flaviano pronto ed armato come a
battaglia,
si era disposto ai lati della via in schiere serrate.
Vennerò così accolti nel
mezzo i Vitelliani; e una volta circondati li arringò con
clemenza Primo
Antonio; ebbero ordine di fermarsi parte a Narnia
e parte a Terni".
In pratica Tacito stesso collega la
caduta del
presidio di Narnia con la
sconfitta
definitiva
di Vitellio che il 18
dicembre ,
abbandona l'impero. Narnia
quindi come ultimo baluardo della difesa di Roma.
Considerazioni generali
sulle letture latine di CS LEWIS relative a Plinio il Vecchio.
Relativamente a Plinio il Vecchio :
Storia Naturale Einaudi libri 12-19
isb 8806577268
Plinio il vecchio ( Nat. Hist.
XVII,213)
Nel libro diciasettesimo relativo
alla coltivazione
degli alberi e
della vite si trova:
Medium temperamentum in Carsulano
secuntur
cariosasque tantum vitis partes incipientesque inarescere depurando,
ceteris ad
uvam relictis. Detracto onere supoervacuo pro nutrimento omni est
raritas
volneris; sed nisi pingui solo talis cultura degenerat in Labruscam .
Nel territorio di Carsule tengono
una via di
mezzo e potano solo
le parti guaste
della vite e quelle che cominciano a seccare , lasciando le altre a
produrre
uva; una volta tolto il peso superfluo avendo ricevuto poche ferite
è per la
vite maggior nutrimento; ma se il terreno non è grasso , una
coltivazione di
questo tipo degenera in lambrusca ( cioè in vite selvatica :
cfr XIV 98).
Sempre da Plinio il Vecchio Storia
Naturale 31,51 :
.... quaedam terrae imbribus
sicciores fiunt uelut
in Narniensi agro, quod admirandis suis inseruit Cicero, siccitate
lutum fieri
prodens, imbre puluerem.
Plinio cita Cicerone dai perduti
admiranda ;
elencando la particolarità dei regimi delle acque in
rapporto alle pioggie ed
alle stagioni , si porta ad esempio il territorio narnese, dove le
terre si
facevano più secche in occasione di piogge e si produceva
fango nei periodi di
siccità, polvere in quelli piovosi.
Da ricercare inoltre la citazione
relativa
a Narnia:
LYNDA OCHSNER
writes: 'Ford's _Companion to Narnia_
also notes that Lewis may have
read at least seven references to Narnia
in Latin literature, including four mentions of Narnia
in Livy's _History_. Other references include Tacitus'
_Annals_, and Pliny the Elder's comment in _Natural History_ about
Narnia's
unusual weather (it became drier during the rainy season). A seventh is
"Pliny the Younger's letter to his mother-in-law, in which he mentions
the
excellence of the accommodations of her villa at Narnia,
especially its beautiful baths." Apparently Lewis only
mentions this last reference, in a letter to Arthur Greeves and
published in
_They Stand Together_.
Plinio
il vecchio commenta nelle sue storie naturali , circa Narnia ( è le proprietà magiche del terreno che diventa
secco durante la
stagione della pioggia). Sembra quasi che Lewis
sia rimasto impressionato dalla
terra magica di Narnia , in cui come lui cita
" È Sempre inverno e non
è mai Natale ".
Considerazioni generali
sulle letture latine di CS LEWIS relative a Plinio il Giovane.
Si
potrebbe fare un parallelo tra l'abitudine di Plinio , di tenere una
fitta
corrispondenza con molti amici come
nell'Epistolario che
contiene ben 247
lettere ad amici e parenti , tra cui Plinio seleziona le lettere che
avevano
maggiore interesse stilistico.
Analogamente Lewis prese l'abitudine
di tenere una regolare
corrispondenza con
Arthur
Greeves (They Stand Together, Macmillan, Collins, 1979). Ed ama leggere
a voce
alta i suoi scritti ad amici ed al gruppo degli Inklings .
Plinio
fu poi famoso come letterato e la preoccupazione dello scrivere bene fu
per lui
preminente: egli dice (I,2) scrivendo all'amico Arriano cui invia il
testo di
un proprio discorso perchè lo corregga ( pur avvertendolo
che non ha mai
scritto con tanto ardore) , di aver tentato di imitare Demostene e di
uguagliare "il nostro Marco" cioè Cicerone ( di cui
è famoso
l'epistolario e l'oratoria). All'amico
Tacito redige una specie di
programma della propria oratoria; si ha da essere ampi, fluenti, oppure
stringati ed essenziali??? Plinio intendeva l'arte oratoria come
efficace se
minuziosa ed abbondante ( simile alla neve d'inverno, cioè
fitta e costante).
Altro
parallelismo interessante è l'amore di Plinio per l' arte
oratoria e per i
pubblici discorsi che esso amava
tenere e che descrive dettagliatamente nelle sue lettere.
Anche
Lewis è stato un oratore formidabile e le sue letture
richiamavano folle di
persone, senza trascurare la sua attività radiofonica che lo
rese famoso in
Inghilterra per le sue trasmissioni radiofoniche sulla BBC.
È
proprio durante tali trasmissioni radiofoniche che iniziano i suoi
racconti
sulle cronache di Narnia , che solo successivamente prendono forma
organica in
quello che poi diventerà il più famoso libro
delle cronache di Narnia ,
cioè appunto " il leone
la strega e l'armadio" , che fu appunto il primo libro scritto in
ordine
cronologico delle Cronache di Narnia
, infatti " il nipote del Mago" che
è il primo libro della
serie di Narnia
in realtà è stato scritto successivamente dal
nostro autore.
Vale
anche la pena di riportare come Plinio amava passare una sua giornata
tipo (
lettera a Fusco : IX,36) :
Mi
domandi come organizzo la mia giornata d'estate nella villa di toscana(
ricordiamo che Plinio aveva una villa nei pressi di Città di
Castello, che
potrebbe essere appunto quella citata a parte la poca correttezza
geografica).
Mi risveglio quando
mi accomoda , di solito
tra le sei e le sette, sovente più presto, raramente
più tardi. Le mie finestre
rimangono chiuse; sbarazzato di tutto ciò che mi distrae non
si può credere
fino a quel punto , dall'oscurità e dal silenzio, libero
padrone di me stesso,
non pongo l'attenzione al servizio dei miei occhi, ma questi al
servizio di
quella: essi vedono ciò che vede il mio spirito , quando non
vedono altro.
Penso , se ho iniziato qualche lavoro; lavoro col pensiero come se
scrivessi,
scegliendo le parole e correggendole, ora un breve brano , ora uno
più lungo ,
secondo che il testo sia stato più o meno facile da
correggere e da mandare a
memoria. Chiamo poi un segretario e avendo fatto aprire la finestra,
gli detto
ciò che ho preparato, il segretario se ne va, è
richiamato e rinviato una
seconda volta.
Quando
arrivano le undici o mezzodì ( perchè il mio
orario non è rigorosamente
ripartito e misurato)secondo il tempo che fa , vado sulla terrazza o
nella
galleria e continuo a meditare e a dettare. Monto in carrozza .
Identico lavoro
quando passeggio o sto sdraiato sul letto ; la mia attenzione
è ben desta ,
essendo anzi rinfrancata dal mutato ambiente.
Dormo ancora un poco poi passeggio;
leggo un discorso in greco o latino
, a voce alta e ferma , per rinforzare i polmoni più che la
laringe; ma tutti e
due vi trovano il loro vantaggio. Passeggio ancora, mi faccio
massaggiare, poi
faccio un pò di ginnastica e prendo un bagno. Durante il
pasto , se non ho con
me che mia moglie e pochi invitati si legge un libro; dopo il pranzo si
ascolta
un attore o un suonatore di lira; poi passeggio con la mia gente, tra
cui ve ne
sono di istruiti. Così grazie ad una conversazione varia, la
serata si prolunga
, e anche quando le giornate durano di più , la fine arriva
presto.
A
volte il programma subisce delle modifiche
poichè se son rimasto lungo a
letto o a passeggio, è solo dopo la siesta e la lettura che
monto a cavallo.
Arrivano degli amici dalle ville vicine, che mi occupano una parte
della
giornata e a volte, se non sono stanco, mi rendono servizio
interrompendomi. Mi
capita spesso di andare a caccia, ma mai senza le tavolette , per
potere , se
non ho preso nulla , riportare qualcosa.........
Narnia Quindi è anche
associato ad
un paesaggio bucolici , alla campagna vicino Roma , ad un luogo immerso
nel
verde. Lewis amava moltissimo passeggiare nella campagna ed era uno dei
suoi
massimi divertimenti . Infatti sono famose le sue camminate con gli
amici in
particolare con suo fratello Warnie ed il suo amico Barfield con
quest'ultimo
Lewis dal 1927 in
poi quasi ogni
primavera si recavano a fare lunghe escursioni a piedi. Una maniera
piacevole
di trascorrere tre o quattro giorni insieme. Nell'Aprile del 1927 Lewis
e
Barfield , insieme a due amici dei
tempi
dell'università , Cecil Harwood e W.O. Field , fecero una
escursione a piedi
sulle colline del Berkshire e del Wiltshire
attraverso Marlborough e Devizer , e
poi, passando sul limitare della
piana di Salisbury a Lyme Regis.
(
vedi dettagli sul libro Gli Inklings di Humphrey Carpenter Joca book ).
In particolare
dalle ricerche fatte sulla vita e le opere
di
Plinio il Giovane:
Plinio il giovane attraverso le sue
lettere di Luigi
Risca ed. Pietro Cairoli Como 1967
Riferimento BCT (biblioterca Terni
L1480)
Opere di Plinio Cecilio Secondo a cura di Francesco
Trisoglio UTET editori
Torino 1973
Riferimento BCT (biblioterca Terni
876 PLI Ie II)
Si trova esattamente
nell'epistolario riferimento
(EP I,4)
C. Plinius (Pompeiae) Celerinae
Socrui S.
Quantum copiarum in Ocriculano, in
Narniensi, in
carsulano , in Perusino tuo, in Narniensi vero etiam balineum! Ex
epistulis
meis(nam iam tuis opus non est) una illa brevis et vetus sufficit
:..........
Caio Plinio invia i suoi saluti
alla cara suocera
Pompea Celerina.
Che magnifico trattamento ho
ricevuto dalla tua
tenuta di Otricoli,
in quella di NARNIA
, in quella di Carsule, in quella di Perugia, in quella di NARNIA c'era
addirittura un bagno ! Basta
una mia
lettera (ormai delle tue non c'è
più
bisogno ) e per di più breve scritta qualche tempo prima,
per essere fatto
oggetto di un ricevimento così
signorile........................................
Quindi
Plinio sicuramente veniva spesso a NARNIA sia per trovare la Suocera
che aveva
appunto una villa a Narnia , che magari di transito sulla Flaminia si
fermava
durante il viaggio per andare alla sua villa di Città di
Castello.
Ricordiamo
che appunto dalle lettere di Plinio il Giovane e dalla descrizione
della sua
villa , è stata effettuata una campagna di scavi che ha
portato alla scoperta
della villa romana di Plinio.
Plinio il Giovane
abitava quì
Città di Castello
"...L'aspetto
del paese è bellissimo: immagina un immenso anfiteatro quale
soltanto la natura
può crearlo. Una vasta e aperta pianura è ed
antichi... Benchè vi sia
abbondanza di acqua non vi sono paludi perchè la terra in
pendio ... il terreno
si innalza così dolcemente e con una pendenza quasi
insensibile, che, mentre ti
sembra di non essere salito sei già in cima. Alle spalle hai
l'Appennino, ma a
distanza... Conosci ora perchè io preferisco la mia villa
"in Tuscis"
a quella di Tuscolo, Tivoli e Preneste"
Con queste parole inserite in una lunga lettera scritta all'amico
Apollinare,
il patrizio romano Plinio il Giovane, vissuto dal 62 al 113 d.C., amico
dell'imperatore Traiano, descrive con ricchezza di particolari
l'ambiente e la
sua villa che possedeva in "Tuscis" in località "Colle
Plinio" oggi Comune di S. Giustino. Gli scavi sistematici della villa
iniziati nel 1975 dalla Soprintendenza stanno riportando alla luce una
struttura di notevole dimensioni nella quale sono già state
individuate un
impianto termale, un atrio, un porticato, delle cantine con una vasca
per la
pigiatura dell'uva e dei grandi "dolia" recipienti in terracotta per
la conservazione e la maturazione del vino. La parte urbana della villa
cioè
quella destinata al proprietario non è stata ancora scavata
ed è evidente che
saranno necessarie ulteriori ricerche per definire l'estensione e le
articolazioni dell'intero complesso archeologico.
Ritornando
alle letture latine di Lewis è
da notare
che Lewis leggendo Plinio il giovane sicuramente avrà
trovato traccia anche di
altre grandi presenze nel territorio di NARNIA
, come ad esempio dell'imperatore romano Cocceio Nerva , che
fu
appunto contemporaneo di Plinio e che aprì la strada a
Traiano, che grazie a
Nerva divenne
imperatore.
Marco Cocceio Nerva, noto semplicemente come Nerva, nato a Narnia in Umbria intorno agli anni 30 d.c., morì a Roma il 25 gennaio 98. su questo importante personaggio stiamo realizzando un nuovo libro che raccoglie molte informazioni e testi in varie lingue che ho donato alla biblioteca comunale di Narni e che in parte ho messo in rete nei miei siti vedi sotto
vedi anche : www.heos.it
presentazione del libro