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   Il libro di Narnia e Narni

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   Il libro di Narnia e Narni

di
Giuseppe Fortunati

Narnia e Narni
Dalla storia al fantastico

Alla scoperta della terra di Narni(a)

Heos Editrice

“Narnia e Narni. Dalla storia al fantastico” è il titolo del libro di Giuseppe Fortunati (Heos Editrice). L’autore spiega quale sia stata la preparazione culturale che ha spinto Clives Staples Lewis a scrivere “Le Cronache di Narnia” (da cui è stato tratto l’omonimo film della Disney da Natale in visione in tutto il mondo) e perché abbia scelto di dare il nome "Narnia" alla città fantastica, luogo centrale della sua saga imperniata nell’eterna lotta del bene contro il male. Narnia non è altro che il nome latino dell’odierna Narni in provincia di Terni. 

Giuseppe Fortunati,libro  Narnia e Narni. Dalla storia al fantastico, editore  Heos,  2005, ISBN-10: 8890225610

 

Capitolo 15

La Narnia dell'antica Roma 

Riassunto delle letture su Narnia di C.S. Lewis

Come cita Paul Ford's su "Companion to Narnia":

 

Dal momento che i primi successi di Lewis ad Oxford , furono nei classici latini e nella storia antica, è possibile che Lewis abbia letto almeno sette riferimenti alla  Narnia romana in Italia, nei testi della letteratura latina.

 

" Quattro citazioni sono state trovate nelle Historiae di Livio (10:10, 27:9,27:50, and 29:15) , altre citazioni sono state trovate negli annali di Tacito  (3:9) inoltre Plinio il Vecchio commenta nelle sue Storie Naturali riguardo  Narnia ... infine Plinio il Giovane nelle sue lettere alla suocera Pompea Celerina , menziona l'eccellenza degli alloggi della sua villa presso Narnia, e specialmente i suoi stupendi bagni. Di questi riferimenti , Lewis menziona sicuramente Plinio il Giovane, in una lettera ad Arthur Greeves".

 

Ma cosa avrebbe letto Lewis nei riferimenti citati???????

  In pratica tutta la storia della nostra Narnia romana dalla sua fondazione nel 299 a.C. fino a circa il 120 d.C.
partendo dalla Conquista  di Nequinum da parte dei Romani.
Historiae di Tito Livio (10:10)

libro 10  Capitolo 10

Intanto a Nequinium , mentre il tempo passava nel lento assedio, due cittadini, le cui case erano addossate alle mura, scavata una galleria , giunsero di nascosto ai posti di guardia dei romani: condotti quindi davanti al console, lo assicurarono che avrebbero fatto entrare in città un presidio armato. Sembrò che questa proposta non fosse nè da respingere nè da accettare ciecamente. Furono mandati attraverso il cunicolo insieme ad uno di essi, l'altro fu trattenuto come ostaggio, due esploratori: avute per mezzo loro notizie sicure, trecento armati, sotto la guida del disertore, penetrarono di notte nella città e occuparono la porta più vicina. Abbattuta questa , il console e l'esercito romano piombarono in città senza incontrare resistenza. Così Nequinum cadde in potere del popolo romano. Vi fu stanziata per tenere a bada gli Umbri una colonia, che dal nome del fiume ( NAR) fu chiamata NARNIA ; l'esercito fu ricondotto a Roma con grande bottino.

Poi Livio ci racconta della Seconda Guerra punica  tra  il 217 ed il 202 A.C. e di come Narnia divenne un punto importante per combattere Annibale e Asdrubale, dopo la sconfitta del Trasimeno culminata con la morte del console Flaminio, che da poco aveva fatto costruire la strada consolare Flaminia, che sarà poi Stragetica per la difesa di Roma.

Libro 27 Capitolo 43

Mentre queste cose avvenivano , Asdrubale, dopo aver abbandonato l'assedio di Piacenza, inviò ad Annibale con una lettera, quattro cavalieri galli e due numidi. Costoro passarono attraverso i nemici , percorrendo in lunghezza quasi tutta l'Italia ; mentre inseguivano Annibale che si ritirava a Metaponto , avviati verso Taranto dall'incertezza delle strade furono sorpresi da soldati romani che stavano foraggiando nei campi  e condotti al propretore Q. Claudio. Dapprima tentarono di imbrogliarlo con risposte ambigue, poi quando la paura di essere torturati li costrinse a rivelare la verità, rivelarono di portare ad Annibale un messaggio da parte di Asdrubale. Con la lettera ancora sigillata, furono consegnati al tribuno militare, L. Virginio per essere condotti al console Claudio.; insieme furono mandati due squadroni di  Sanniti perchè li scortassero. Allorchè giunsero al console e per mezzo di un interprete fu letto il messaggio e fu fatto l'interrogatorio dei prigionieri, Claudio ritenne che nell'interesse dello stato quello non dovesse essere il momento in cui si dovesse usare la normale procedura, in virtù della quale, ciascuno dei consoli doveva condurre la guerra nell'ambito della propria provincia contro quel nemico che il senato gli aveva assegnato. Claudio, giudico invece, che fosse allora il caso di osare qualche impresa di nuovo tipo che incominciata che fosse, non gettasse nel terrore i suoi concittadini meno che i nemici, ma che , condotta a termine, dovesse trasformare una grande paura in una grande gioia; mandò perciò al senato la lettera di Asdrubale e nello stesso tempo comunicò egli stesso ai senatori il suo piano. Poichè  Asdrubale scriveva al fratello che gli sarebbe andato incontro in Umbria, egli consigliava al senato di richiamare una legione da Capua a Roma, di fare a Roma le leve e di fronteggiare il nemico a Narnia con l'esercito urbano.

Nota:

Gli eventi diedero ragione ai Romani che a marce forzate riuscirono a spostare il loro esercito dal sud Italia dove era Annibale , e da Roma dove erano truppe a difesa della città al nord passando per la Flaminia ( costruita nel  220 a.C. dal censore Gaio Flaminio, poco prima della discesa di Annibale in Italia ) per fronteggiare l'esercito di Asdrubale , sicuro che Annibale sarebbe rimasto a Canusio in attesa di notizie del fratello, il console Nerone scelse nel suo esercito settemila uomini e, lasciato il grosso presso il campo cartaginese, alla testa di quelle poche migliaia di armati si diresse a marce forzate verso il Piceno e raggiunse il console LIVIO che si trovava accampato a Sena (Senigaglia).Asdrubale non si accorse dell'arrivo dei rinforzi  dei romani, perchè questi  invece di allargare il loro accampamento , come era d'uso, accolsero i loro commilitoni nelle proprie tende accomodandosi alla meglio, e traendo in inganno il nemico.  La battaglia del fiume Metauro fu vinta dai Romani l'esercito di Asdrubale fu annientato e lo stesso Asdrubale fu ucciso e decapitato.

 
Ritroviamo ancora informazioni su Narnia sempre da parte di Livio dopo qualche tempo ed esattamente quando siamo durante la seconda  guerra punica siamo nel 209 a.C. 

Narnia rifiutò l'ordine di Roma di inviare soldati e denaro per combattere Cartagine.

 Libro 27 Capitolo 9

In quel tempo le colonie del popolo romano erano trenta ; dodici di queste , mentre le ambascerie di tutti si trovavano a Roma , fecero sapere ai consoli di non avere nè soldati nè denaro da dare. Queste colonie furono:  Ardea, Nepete, Sutri, Alba, Carseoli , Sora, suessa, Circei, Sezia, Cales, NARNIA, Interamna.

Le citazioni di Tacito relativamente a Narnia sono:

 Tacitus's Annals (3:9)

Historiae - Liber III (Capitoli:58,60,63 due volte,67,78,79)

 

 

Tacito Annals (3:9)

Siamo intorno all'anno 20 D. C.

 

[9it ]  Pisone attraversato il mare di Dalmazia ( attuale Adriatico) e lasciate le navi ad Ancona , per il piceno e poi per la via Flaminia (Via costruita nel 220 a.c. ad opera del console Gaio Flaminio) raggiunse la legione che dalla Pannonia veniva condotta a Roma , per essere poi inviata di guarnigione in Africa; fu oggetto di molti commenti il fatto che egli si fosse mostrato spesso negli schieramenti e durante la marcia. Da Narnia  ( prendeva il nome dal fiume Nar oggi Nera) per non dare sospetti  o forse perchè chi ha paura è incerto nel decidere, si fece portare lungo il corso del Nera , poi del Tevere, ed aggravò lo sdegno del popolo , perchè avendo preso terra vicino alla tomba dei Cesari ( mausoleo di Augusto), in pieno giorno , e mentre la riva era affollata, si erano avanzati lui una folta schiera di clienti, Plancina con un seguito di donne, entrambi con volto gioioso. Tra l'altro destò malevolenza l'apparato festivo della sua casa, dominante il foro, ed il ricevimento ed il banchetto: cose che tutti seppero essendo il luogo frequentatissimo.

 Questo ed altri approfondimenti si possono trovare sul libro in oggetto Narnia e Narni ...  in cui si parla diffusamente del porto Romano di Narnia. 

E della Villa di Pompea Celerina suocera di Plinio il Giovane.

 

Tacito Historiae - Liber III (Capitoli:58,60,63 due volte,67,78,79)

Siamo intorno al  69 Dopo Cristo. Siamo nelle ultime fasi che porteranno al potere  T. Flavio Vespasiano , in lotta con Vitellio . Tacito racconta nelle sue Historiae gli eventi  e la città di Narnia è più volte menzionata, più che altro come riferimento geografico, non si parla mai dell'atteggiamento dei suoi cittadini verso l'una o l'altra parte.

I fatti possono riassumersi così:

Vitellio stabilisce due capisaldi , a Narnia ed in Campania , come estremi baluardi della difesa di Roma, lasciando nel più settentrionale una parte delle sue forze sotto i prefetti del pretorio, mentre ormai i flaviani occupavano Meuania  (Bevagna) e le nevi rendevano difficile il passaggio sugli Appennini. Le truppe di Vespasiano avevano stabilito il campo a Carsulae , Antonio Primo che li comandava , prevedeva la possibilità di giungere senza lotta alla resa delle truppe di Vitellio che presidiavano il passaggio della Flaminia a Narnia , ad appena dieci miglia di distanza.  Antonio , diplomatico nel contenere i suoi e conciliante verso gli avversari, mirava insieme ad ottenere la resa dei vitelliani , ormai inferiori di numero ed a evitare di dover forzare la posizione chiave a Narnia. Debellato il piccolo presidio di Interamna ( Terni con circa 400 cavalieri), era cominciato progressivamente lo sfaldamento delle forze Vitelliane , definitivamente abbattute alla notizia della morte di Fabio Valente. L'armata di Vitellio si indusse alla fine , a discendere nel piano davanti a Narnia , mentre le legioni Flaviane erano schierate lungo la Flaminia. "L'esercito Flaviano pronto ed armato come a battaglia, si era disposto ai lati della via in schiere serrate. Vennerò così accolti nel mezzo i Vitelliani; e una volta circondati li arringò con clemenza Primo Antonio; ebbero ordine di fermarsi parte a Narnia e parte a Terni". 

In pratica Tacito stesso collega la caduta del presidio di Narnia con la sconfitta definitiva   di Vitellio che il 18 dicembre , abbandona l'impero. Narnia quindi come ultimo baluardo della difesa di Roma.

per vedere altri dettagli
 leggere anche le versioni in latino


Appendice B

Scritti Latini su Narnia

 

Ricerca dalle letture che Lewis fece da giovane sui classici Latini ed in particolare su Tacito e Plinio il giovane e Plinio il Vecchio.

 

Lewis, afferma che prese il nome di Narnia partendo dal suo atlante (vedi pagina di Narnia) e dalle sue letture latine vedi di seguito:

 

Where did C. S. Lewis come up with the word "Narnia"?


According to Paul Ford's Companion to Narnia:


"Four references are found in Livy's History (10:10, 27:9,27:50, and 29:15)... ... Tacitus's Annals (3:9).... Pliny the Elder's comment in Natural History about its unusual weather (it became drier in the rainy season).... Pliny the Younger's letter to his mother-in-law, in which he mentions the excellence of the accommodations of her villa at Narnia, especially its beautiful baths. Of all of these references, Lewis mentions only Pliny the Younger, in a letter to Arthur Greeves (They Stand Together, Macmillan, Collins, 1979, p. 171)."

Da tali riferimenti  abbiamo trovato :

Tacito: negli annali nel libro III

 

Tacitus's Annals (3:9)

 

[9] Piso Delmatico mari tramisso relictisque apud Anconam navibus per Picenum ac mox Flaminiam viam adsequitur legionem, quae e Pannonia in urbem, dein praesidio Africae ducebatur: eaque res agitata rumoribus ut in agmine atque itinere crebro se militibus ostentavisset. ab Narnia, vitandae suspicionis an quia pavidis consilia in incerto sunt, Nare ac mox Tiberi devectus auxit vulgi iras, quia navem tumulo Caesarum adpulerat dieque et ripa frequenti, magno clientium agmine ipse, feminarum comitatu Plancina et vultu alacres incessere. fuit inter inritamenta invidiae domus foro imminens festa ornatu conviviumque et epulae et celebritate loci nihil occultum.

 

Tacito

Riferimenti per Lewis

Historiae - Liber III

 

Riferimenti Narnia

Capitoli:

58

60

63 due volte

67

78

79

 

[58] Quae ubi Vitellio cognita, parte copiarum Narniae cum praefectis praetorii relicta L. Vitellium fratrem cum sex cohortibus et quingentis equitibus ingruenti per Campaniam bello opposuit. ipse aeger animi studiis militum et clamoribus populi arma poscentis refovebatur, dum vulgus ignavum et nihil ultra verba ausurum falsa specie exercitum et legiones appellat. hortantibus libertis (nam amicorum eius quanto quis clarior, minus fidus) vocari tribus iubet, dantis nomina sacramento adigit. superfluente multitudine curam dilectus in consules partitur; servorum numerum et pondus argenti senatoribus indicit. equites Romani obtulere operam pecuniasque, etiam libertinis idem munus ultro flagitantibus. ea simulatio officii a metu profecta verterat in favorem; ac plerique haud proinde Vitellium quam casum locumque principatus miserabantur. nec deerat ipse vultu voce lacrimis misericordiam elicere, largus promissis, et quae natura trepidantium est, immodicus. quin et Caesarem se dici voluit, aspernatus antea, sed tunc superstitione nominis, et quia in metu consilia prudentium et vulgi rumor iuxta audiuntur. ceterum ut omnia inconsulti impetus coepta initiis valida spatio languescunt, dilabi paulatim senatores equitesque, primo cunctanter et ubi ipse non aderat, mox contemptim et sine discrimine donec Vitellius pudore inriti conatus quae non dabantur remisit.

 

[59] Vt terrorem Italiae possessa Mevania ac velut renatum ex integro bellum intulerat, ita haud dubium erga Flavianas partis studium tam pavidus Vitellii discessus addidit. erectus Samnis Paelignusque et Marsi aemulatione quod Campania praevenisset, ut in novo obsequio, ad cuncta belli munia acres erant. sed foeda hieme per transitum Appennini conflictatus exercitus, et vix quieto agmine nives eluctantibus patuit quantum discriminis adeundum foret, ni Vitellium retro fortuna vertisset, quae Flavianis ducibus non minus saepe quam ratio adfuit. obvium illic Petilium Cerialem habuere, agresti cultu et notitia locorum custodias Vitellii elapsum. propinqua adfinitas Ceriali cum Vespasiano, nec ipse inglorius militiae, eoque inter duces adsumptus est. Flavio quoque Sabino ac Domitiano patuisse effugium multi tradidere; et missi ab Antonio nuntii per varias fallendi artis penetrabant, locum ac praesidium monstrantes. Sabinus inhabilem labori et audaciae valetudinem causabatur: Domitiano aderat animus, sed custodes a Vitellio additi, quamquam se socios fugae promitterent, tamquam insidiantes timebantur. atque ipse Vitellius respectu suarum necessitudinum nihil in Domitianum atrox parabat.

 

[60] Duces partium ut Carsulas venere, paucos ad requiem dies sumunt, donec aquilae signaque legionum adsequerentur. et locus ipse castrorum placebat, late prospectans, tuto copiarum adgestu, florentissimis pone tergum municipiis; simul conloquia cum Vitellianis decem milium spatio distantibus et proditio sperabatur. aegre id pati miles et victoriam malle quam pacem; ne suas quidem legiones opperiebantur, ut praedae quam periculorum socias. vocatos ad contionem Antonius docuit esse adhuc Vitellio viris, ambiguas, si deliberarent, acris, si desperassent. initia bellorum civilium fortunae permittenda: victoriam consiliis et ratione perfici. iam Misenensem classem et pulcherrimam Campaniae oram descivisse, nec plus e toto terrarum orbe reliquum Vitellio quam quod inter Tarracinam Narniamque iaceat. satis gloriae proelio Cremonensi partum et exitio Cremonae nimium invidiae: ne concupiscerent Romam capere potius quam servare. maiora illis praemia et multo maximum decus, si incolumitatem senatui populoque Romano sine sanguine quaesissent. his ac talibus mitigati animi.

 

[61] Nec multo post legiones venere. et terrore famaque aucti exercitus Vitellianae cohortes nutabant, nullo in bellum adhortante, multis ad transitionem, qui suas centurias turmasque tradere, donum victori et sibi in posterum gratiam, certabant. per eos cognitum est Interamnam proximis campis praesidio quadringentorum equitum teneri. missus extemplo Varus cum expedita manu paucos repugnantium interfecit; plures abiectis armis veniam petivere. quidam in castra refugi cuncta formidine implebant, augendo rumoribus virtutem copiasque hostium, quo amissi praesidii dedecus lenirent. nec ulla apud Vitellianos flagitii poena, et praemiis defectorum versa fides ac reliquum perfidiae certamen. crebra transfugia tribunorum centurionumque; nam gregarius miles induruerat pro Vitellio, donec Priscus et Alfenus desertis castris ad Vitellium regressi pudore proditionis cunctos exolverent.

 

[62] Isdem diebus Fabius Valens Vrbini in custodia interficitur. caput eius Vitellianis cohortibus ostentatum ne quam ultra spem foverent; nam pervasisse in Germanias Valentem et veteres illic novosque exercitus ciere credebant: visa caede in desperationem versi. et Flavianus exercitus immane quantum <aucto> animo exitium Valentis ut finem belli accepit. natus erat Valens Anagniae equestri familia. procax moribus neque absurdus ingenio famam urbanitatis per lasciviam petere. ludicro Iuvenalium sub Nerone velut ex necessitate, mox sponte mimos actitavit, scite magis quam probe. legatus legionis et fovit Verginium et infamavit; Fonteium Capitonem corruptum, seu quia corrumpere nequiverat, interfecit: Galbae proditor, Vitellio fidus et aliorum perfidia inlustratus.

 

[63] Abrupta undique spe Vitellianus miles transiturus in partis, id quoque non sine decore, sed sub signis vexillisque in subiectos Narniae campos descendere. Flavianus exercitus, ut ad proelium intentus armatusque, densis circa viam ordinibus adstiterat. accepti in medium Vitelliani, et circumdatos Primus Antonius clementer adloquitur: pars Narniae, pars Interamnae subsistere iussi. relictae simul e victricibus legiones, neque quiescentibus graves et adversus contumaciam validae. non omisere per eos dies Primus ac Varus crebris nuntiis salutem et pecuniam et secreta Campaniae offerre Vitellio, si positis armis seque ac liberos suos Vespasiano permisisset. in eundem modum et Mucianus composuit epistulas; quibus plerumque fidere Vitellius ac de numero servorum, electione litorum loqui. tanta torpedo invaserat animum ut, si principem eum fuisse ceteri non meminissent, ipse oblivisceretur.

 

[64] At primores civitatis Flavium Sabinum praefectum urbis secretis sermonibus incitabant, victoriae famaeque partem capesseret: esse illi proprium militem cohortium urbanarum, nec defuturas vigilum cohortis, servitia ipsorum, fortunam partium, et omnia prona victoribus: ne Antonio Varoque de gloria concederet. paucas Vitellio cohortis et maestis undique nuntiis trepidas; populi mobilem animum et, si ducem se praebuisset, easdem illas adulationes pro Vespasiano fore; ipsum Vitellium ne prosperis quidem parem, adeo ruentibus debilitatum. gratiam patrati belli penes eum qui urbem occupasset: id Sabino convenire ut imperium fratri reservaret, id Vespasiano ut ceteri post Sabinum haberentur.

 

[65] Haudquaquam erecto animo eas voces accipiebat, invalidus senecta; sed erant qui occultis suspicionibus incesserent, tamquam invidia et aemulatione fortunam fratris moraretur. namque Flavius Sabinus aetate prior privatis utriusque rebus auctoritate pecuniaque Vespasianum anteibat, et credebatur adfectam eius fidem parce iuvisse domo agrisque pignori acceptis; unde, quamquam manente in speciem concordia, offensarum operta metuebantur. melior interpretatio, mitem virum abhorrere a sanguine et caedibus, eoque crebris cum Vitellio sermonibus de pace ponendisque per condicionem armis agitare. saepe domi congressi, postremo in aede Apollinis, ut fama fuit, pepigere. verba vocesque duos testis habebant, Cluvium Rufum et Silium Italicum: vultus procul visentibus notabantur, Vitellii proiectus et degener, Sabinus non insultans et miseranti propior.

 

[66] Quod si tam facile suorum mentis flexisset Vitellius, quam ipse cesserat, incruentam urbem Vespasiani exercitus intrasset. ceterum ut quisque Vitellio fidus, ita pacem et condiciones abnuebant, discrimen ac dedecus ostentantes et fidem in libidine victoris. nec tantam Vespasiano superbiam ut privatum Vitellium pateretur, ne victos quidem laturos: ita periculum ex misericordia. ipsum sane senem et prosperis adversisque satiatum, sed quod nomen, quem statum filio eius Germanico fore? nunc pecuniam et familiam et beatos Campaniae sinus promitti: set ubi imperium Vespasianus invaserit, non ipsi, non amicis eius, non denique exercitibus securitatem nisi extincto aemulo redituram. Fabium illis Valentem, captivum et casibus dubiis reservatum, praegravem fuisse, nedum Primus ac Fuscus et specimen partium Mucianus ullam in Vitellium nisi occidendi licentiam habeant. non a Caesare Pompeium, non ab Augusto Antonium incolumis relictos, nisi forte Vespasianus altiores spiritus gerat, Vitellii cliens, cum Vitellius collega Claudio foret. quin, ut censuram patris, ut tris consulatus, ut tot egregiae domus honores deceret, desperatione saltem in audaciam accingeretur. perstare militem, superesse studia populi; denique nihil atrocius eventurum quam in quod sponte ruant. moriendum victis, moriendum deditis: id solum referre, novissimum spiritum per ludibrium et contumelias effundant an per virtutem.

 

[67] Surdae ad fortia consilia Vitellio aures: obruebatur animus miseratione curaque, ne pertinacibus armis minus placabilem victorem relinqueret coniugi ac liberis. erat illi et fessa aetate parens; quae tamen paucis ante diebus opportuna morte excidium domus praevenit, nihil principatu filii adsecuta nisi luctum et bonam famam. XV kalendas Ianuarias audita defectione legionis cohortiumque, quae se Narniae dediderant, pullo amictu Palatio degreditur, maesta circum familia; ferebatur lecticula parvulus filius velut in funebrem pompam: voces populi blandae et intempestivae, miles minaci silentio.

 

[68] Nec quisquam adeo rerum humanarum immemor quem non commoveret illa facies, Romanum principem et generis humani paulo ante dominum relicta fortunae suae sede per populum, per urbem exire de imperio. nihil tale viderant, nihil audierant. repentina vis dictatorem Caesarem oppresserat, occultae Gaium insidiae, nox et ignotum rus fugam Neronis absconderant, Piso et Galba tamquam in acie cecidere: in sua contione Vitellius, inter suos milites, prospectantibus etiam feminis, pauca et praesenti maestitiae congruentia locutus--cedere se pacis et rei publicae causa, retinerent tantum memoriam sui fratremque et coniugem et innoxiam liberorum aetatem miserarentur--, simul filium protendens, modo singulis modo universis commendans, postremo fletu praepediente adsistenti consuli (Caecilius Simplex erat) exolutum a latere pugionem, velut ius necis vitaeque civium, reddebat. aspernante consule, reclamantibus qui in contione adstiterant, ut in aede Concordiae positurus insignia imperii domumque fratris petiturus discessit. maior hic clamor obsistentium penatibus privatis, in Palatium vocantium. interclusum aliud iter, idque solum quo in sacram viam pergeret patebat: tum consilii inops in Palatium redit.

 

[69] Praevenerat rumor eiurari ab eo imperium, scripseratque Flavius Sabinus cohortium tribunis ut militem cohiberent. igitur tamquam omnis res publica in Vespasiani sinum cecidisset, primores senatus et plerique equestris ordinis omnisque miles urbanus et vigiles domum Flavii Sabini complevere. illuc de studiis vulgi et minis Germanicarum cohortium adfertur. longius iam progressus erat quam ut regredi posset; et suo quisque metu, ne disiectos eoque minus validos Vitelliani consectarentur, cunctantem in arma impellebant: sed quod in eius modi rebus accidit, consilium ab omnibus datum est, periculum pauci sumpsere. circa lacum Fundani descendentibus qui Sabinum comitabantur armatis occurrunt promptissimi Vitellianorum. modicum ibi proelium improviso tumultu, sed prosperum Vitellianis fuit. Sabinus re trepida, quod tutissimum e praesentibus, arcem Capitolii insedit mixto milite et quibusdam senatorum equitumque, quorum nomina tradere haud promptum est, quoniam victore Vespasiano multi id meritum erga partis simulavere. subierunt obsidium etiam feminae, inter quas maxime insignis Verulana Gratilla, neque liberos neque propinquos sed bellum secuta. Vitellianus miles socordi custodia clausos circumdedit; eoque concubia nocte suos liberos Sabinus et Domitianum fratris filium in Capitolium accivit, misso per neglecta ad Flavianos duces nuntio qui circumsideri ipsos et, ni subveniretur, artas res nuntiaret. noctem adeo quietam egit ut digredi sine noxa potuerit: quippe miles Vitellii adversus pericula ferox, laboribus et vigiliis parum intentus erat, et hibernus imber repente fusus oculos aurisque impediebat.

 

[70] Luce prima Sabinus, antequam in vicem hostilia coeptarent, Cornelium Martialem e primipilaribus ad Vitellium misit cum mandatis et questu quod pacta turbarentur: simulationem prorsus et imaginem deponendi imperii fuisse ad decipiendos tot inlustris viros. cur enim e rostris fratris domum, imminentem foro et inritandis hominum oculis, quam Aventinum et penatis uxoris petisset? ita privato et omnem principatus speciem vitanti convenisse. contra Vitellium in Palatium, in ipsam imperii arcem regressum; inde armatum agmen emissum, stratam innocentium caedibus celeberrimam urbis partem, ne Capitolio quidem abstineri. togatum nempe se et unum e senatoribus: dum inter Vespasianum ac Vitellium proeliis legionum, captivitatibus urbium, deditionibus cohortium iudicatur, iam Hispaniis Germaniisque et Britannia desciscentibus, fratrem Vespasiani mansisse in fide, donec ultro ad condiciones vocaretur. pacem et concordiam victis utilia, victoribus tantum pulchra esse. si conventionis paeniteat, non se, quem perfidia deceperit, ferro peteret, non filium Vespasiani vix puberem--quantum occisis uno sene et uno iuvene profici?--: iret obviam legionibus et de summa rerum illic certaret: cetera secundum eventum proelii cessura. trepidus ad haec Vitellius pauca purgandi sui causa respondit, culpam in militem conferens, cuius nimio ardori imparem esse modestiam suam; et monuit Martialem ut per secretam aedium partem occulte abiret, ne a militibus internuntius invisae pacis interficeretur: ipse neque iubendi neque vetandi potens non iam imperator sed tantum belli causa erat.

 

[71] Vixdum regresso in Capitolium Martiale furens miles aderat, nullo duce, sibi quisque auctor. cito agmine forum et imminentia foro templa praetervecti erigunt aciem per adversum collem usque ad primas Capitolinae arcis fores. erant antiquitus porticus in latere clivi dextrae subeuntibus, in quarum tectum egressi saxis tegulisque Vitellianos obruebant. neque illis manus nisi gladiis armatae, et arcessere tormenta aut missilia tela longum videbatur: faces in prominentem porticum iecere et sequebantur ignem ambustasque Capitolii fores penetrassent, ni Sabinus revulsas undique statuas, decora maiorum, in ipso aditu vice muri obiecisset. tum diversos Capitolii aditus invadunt iuxta lucum asyli et qua Tarpeia rupes centum gradibus aditur. improvisa utraque vis; propior atque acrior per asylum ingruebat. nec sisti poterant scandentes per coniuncta aedificia, quae ut in multa pace in altum edita solum Capitolii aequabant. hic ambigitur, ignem tectis obpugnatores iniecerint, an obsessi, quae crebrior fama, dum nitentis ac progressos depellunt. inde lapsus ignis in porticus adpositas aedibus; mox sustinentes fastigium aquilae vetere ligno traxerunt flammam alueruntque. sic Capitolium clausis foribus indefensum et indireptum conflagravit.

 

[72] Id facinus post conditam urbem luctuosissimum foedissimumque rei publicae populi Romani accidit, nullo externo hoste, propitiis, si per mores nostros liceret, deis, sedem Iovis Optimi Maximi auspicato a maioribus pignus imperii conditam, quam non Porsenna dedita urbe neque Galli capta temerare potuissent, furore principum excindi. arserat et ante Capitolium civili bello, sed fraude privata: nunc palam obsessum, palam incensum, quibus armorum causis? quo tantae cladis pretio stetit? pro patria bellavimus? voverat Tarquinius Priscus rex bello Sabino, ieceratque fundamenta spe magis futurae magnitudinis quam quo modicae adhuc populi Romani res sufficerent. mox Servius Tullius sociorum studio, dein Tarquinius Superbus capta Suessa Pometia hostium spoliis extruxere. sed gloria operis libertati reservata: pulsis regibus Horatius Pulvillus iterum consul dedicavit ea magnificentia quam immensae postea populi Romani opes ornarent potius quam augerent. isdem rursus vestigiis situm est, postquam interiecto quadringentorum quindecim annorum spatio L. Scipione C. Norbano consulibus flagraverat. curam victor Sulla suscepit, neque tamen dedicavit: hoc solum felicitati eius negatum. Lutatii Catuli nomen inter tanta Caesarum opera usque ad Vitellium mansit. ea tunc aedes cremabatur.

 

[73] Sed plus pavoris obsessis quam obsessoribus intulit. quippe Vitellianus miles neque astu neque constantia inter dubia indigebat: ex diverso trepidi milites, dux segnis et velut captus animi non lingua, non auribus competere, neque alienis consiliis regi neque sua expedire, huc illuc clamoribus hostium circumagi, quae iusserat vetare, quae vetuerat iubere: mox, quod in perditis rebus accidit, omnes praecipere, nemo exequi; postremo abiectis armis fugam et fallendi artis circumspectabant. inrumpunt Vitelliani et cuncta sanguine ferro flammisque miscent. pauci militarium virorum, inter quos maxime insignes Cornelius Martialis, Aemilius Pacensis, Casperius Niger, Didius Scaeva, pugnam ausi obtruncantur. Flavium Sabinum inermem neque fugam coeptantem circumsistunt, et Quintium Atticum consulem, umbra honoris et suamet vanitate monstratum, quod edicta in populum pro Vespasiano magnifica, probrosa adversus Vitellium iecerat. ceteri per varios casus elapsi, quidam servili habitu, alii fide clientium contecti et inter sarcinas abditi. fuere qui excepto Vitellianorum signo, quo inter se noscebantur, ultro rogitantes respondentesve audaciam pro latebra haberent.

 

[74] Domitianus prima inruptione apud aedituum occultatus, sollertia liberti lineo amictu turbae sacricolarum immixtus ignoratusque, apud Cornelium Primum paternum clientem iuxta Velabrum delituit. ac potiente rerum patre, disiecto aeditui contubernio, modicum sacellum Iovi Conservatori aramque posuit casus suos in marmore expressam; mox imperium adeptus Iovi Custodi templum ingens seque in sinu dei sacravit. Sabinus et Atticus onerati catenis et ad Vitellium ducti nequaquam infesto sermone vultuque excipiuntur, frementibus qui ius caedis et praemia navatae operae petebant. clamore a proximis orto sordida pars plebis supplicium Sabini exposcit, minas adulationesque miscet. stantem pro gradibus Palatii Vitellium et preces parantem pervicere ut absisteret: tum confossum laceratumque et absciso capite truncum corpus Sabini in Gemonias trahunt.

 

[75] Hic exitus viri haud sane spernendi. quinque et triginta stipendia in re publica fecerat, domi militiaeque clarus. innocentiam iustitiamque eius non argueres; sermonis nimius erat: id unum septem annis quibus Moesiam, duodecim quibus praefecturam urbis obtinuit, calumniatus est rumor. in fine vitae alii segnem, multi moderatum et civium sanguinis parcum credidere. quod inter omnis constiterit, ante principatum Vespasiani decus domus penes Sabinum erat. caedem eius laetam fuisse Muciano accepimus. ferebant plerique etiam paci consultum dirempta aemulatione inter duos, quorum alter se fratrem imperatoris, alter consortem imperii cogitaret. sed Vitellius consulis supplicium poscenti populo restitit, placatus ac velut vicem reddens, quod interrogantibus quis Capitolium incendisset, se reum Atticus obtulerat eaque confessione, sive aptum tempori mendacium fuit, invidiam crimenque agnovisse et a partibus Vitellii amolitus videbatur.

 

[76] Isdem diebus L. Vitellius positis apud Feroniam castris excidio Tarracinae imminebat, clausis illic gladiatoribus remigibusque, qui non egredi moenia neque periculum in aperto audebant. praeerat, ut supra memoravimus, Iulianus gladiatoribus, Apollinaris remigibus, lascivia socordiaque gladiatorum magis quam ducum similes. non vigilias agere, non intuta moenium firmare: noctu dieque fluxi et amoena litorum personantes, in ministerium luxus dispersis militibus, de bello tantum inter convivia loquebantur. paucos ante dies discesserat Apinius Tiro donisque ac pecuniis acerbe per municipia conquirendis plus invidiae quam virium partibus addebat.

 

[77] Interim ad L. Vitellium servus Vergilii Capitonis perfugit pollicitusque, si praesidium acciperet, vacuam arcem traditurum, multa nocte cohortis expeditas summis montium iugis super caput hostium sistit: inde miles ad caedem magis quam ad pugnam decurrit. sternunt inermos aut arma capientis et quosdam somno excitos, cum tenebris, pavore, sonitu tubarum, clamore hostili turbarentur. pauci gladiatorum resistentes neque inulti cecidere: ceteri ad navis ruebant, ubi cuncta pari formidine implicabantur, permixtis paganis, quos nullo discrimine Vitelliani trucidabant. sex Liburnicae inter primum tumultum evasere, in quis praefectus classis Apollinaris; reliquae in litore captae, aut nimio ruentium onere pressas mare hausit. Iulianus ad L. Vitellium perductus et verberibus foedatus in ore eius iugulatur. fuere qui uxorem L. Vitellii Triariam incesserent, tamquam gladio militari cincta inter luctum cladisque expugnatae Tarracinae superbe saeveque egisset. ipse lauream gestae prospere rei ad fratrem misit, percontatus statim regredi se an perdomandae Campaniae insistere iuberet. quod salutare non modo partibus Vespasiani, sed rei publicae fuit. nam si recens victoria miles et super insitam pervicaciam secundis ferox Romam contendisset, haud parva mole certatum nec sine exitio urbis foret. quippe L. Vitellio quamvis infami inerat industria, nec virtutibus, ut boni, sed quo modo pessimus quisque, vitiis valebat.

 

[78] Dum haec in partibus Vitellii geruntur, digressus Narnia Vespasiani exercitus festos Saturni dies Ocriculi per otium agitabat. causa tam pravae morae ut Mucianum opperirentur. nec defuere qui Antonium suspicionibus arguerent tamquam dolo cunctantem post secretas Vitellii epistulas, quibus consulatum et nubilem filiam et dotalis opes pretium proditionis offerebat. alii ficta haec et in gratiam Muciani composita; quidam omnium id ducum consilium fuisse, ostentare potius urbi bellum quam inferre, quando validissimae cohortes a Vitellio descivissent, et abscisis omnibus praesidiis cessurus imperio videbatur: sed cuncta festinatione, deinde ignavia Sabini corrupta, qui sumptis temere armis munitissimam Capitolii arcem et ne magnis quidem exercitibus expugnabilem adversus tris cohortis tueri nequivisset. haud facile quis uni adsignaverit culpam quae omnium fuit. nam et Mucianus ambiguis epistulis victores morabatur, et Antonius praepostero obsequio, vel dum regerit invidiam, crimen meruit; ceterique duces dum peractum bellum putant, finem eius insignivere. ne Petilius quidem Cerialis, cum mille equitibus praemissus, ut transversis itineribus per agrum Sabinum Salaria via urbem introiret, satis maturaverat, donec obsessi Capitolii fama cunctos simul exciret.

 

[79] Antonius per Flaminiam ad Saxa rubra multo iam noctis serum auxilium venit. illic interfectum Sabinum, conflagrasse Capitolium, tremere urbem, maesta omnia accepit; plebem quoque et servitia pro Vitellio armari nuntiabatur. et Petilio Ceriali equestre proelium adversum fuerat; namque incautum et tamquam ad victos ruentem Vitelliani, interiectus equiti pedes, excepere. pugnatum haud procul urbe inter aedificia hortosque et anfractus viarum, quae gnara Vitellianis, incomperta hostibus metum fecerant. neque omnis eques concors, adiunctis quibusdam, qui nuper apud Narniam dediti fortunam partium speculabantur. capitur praefectus alae Iulius Flavianus; ceteri foeda fuga consternantur, non ultra Fidenas secutis victoribus.

 

 

 

 

 

 

 

 

Riportiamo in italiano le citazioni dei capitoli dove compare la parola Narnia

 

 

[58 it] Quando Vitellio seppe di questi fatti, lasciata a Narnia una parte di truppe coi prefetti del pretorio mandò il fratello Lucio con sei coorti e cinquecento cavalieri incontro alla guerra che si avvicinava attraverso la Campania.

( a Narnia doveva restare la legione seconda Adiutrix, con parte della cavalleria. I prefetti del pretorio erano Giulio Prisco e Alfeno Varo ).

Intimamente abbattuto, egli si rianimava alle proteste di simpatia dei soldati e alle grida del popolo, che chiedeva armi: e nella sua illusione chiamava esercito e legioni quella che non era se non una massa di vigliacchi, audace soltanto a parole. Su esortazione dei liberti (perchè trai suoi amici i più illustri erano i meno fidati) convoca le tribù ed ai giovani che si arruolano fa prestare il giuramento.  Poichè il numero era sovrabbondante , divide tra i consoli il compito di scegliere le reclute: ai senatori impone un certo numero di servi e di un determinato peso di argento...................

 

[60 it ] I capi del partito Flaviano, giunti a Carsule , si prendono pochi giorni di riposo, in attesa che il grosso dell'esercito li raggiunga con le aquile e con l'insegne  ( erano restate a Verona). La località stessa del campo era attraente: la veduta di là era molto ampia , assicurati i rifornimenti per le truppe, i municipi poi alle loro spalle fiorentissimi; nel tempo stesso si sperava di entrare in colloquio coi Vitelliani, distanti appena dieci miglia ( essi erano a  Narnia ). Mal sopportando questa prospettiva i soldati, che alla pace preferivano la vittoria; non volevano nemmeno aspettare le proprie legioni ( che venivano da Verona) , quasi le considerassero pronte a dividere la preda, più che i rischi. Antonio li radunò e disse che Vitellio aveva ancora delle forze, irrisolute se si trovassero a dover deliberare, temibili se strette dalla disperazione; che gli inizi della guerra civile dipendono dalla sorte, ma la vittoria si raggiunge con la prudenza ed il calcolo. Già si erano staccate da Vitellio la flotta del Miseno e le bellissime rive della Campagnia; di tutto il mondo , non restava a lui niente più del territorio tra Terracina e Narnia. Gloria bastante si erano guadagnati con la battaglia di Cremona , ma troppi gli odii con la distruzione della città, ora essi non dovevano desiderare di conquistare Roma piuttosto di salvarla. Maggiori compensi avrebbero avuto e vanto assai superiore ad ogni altro , se avessero assicurato l'incolumità al senato e al popolo romano senza spargimento di sangue. Da queste e da altre simili considerazioni gli animi furono placati.

 

[63it] Caduta da ogni parte la speranza per i soldati vitelliani, disposti a cambiare partito, ma non senza una certa dignità, scesero nella pianura sotto Narnia con le insegne e le bandiere. L'esercito Flaviano pronto ed armato come a battaglia, si era disposto ai lati della via in schiere serrate. Vennero così accolti nel mezzo i Vitelliani; e una volta circondati li arringò con clemenza Primo Antonio; ebbero ordine di fermarsi parte a Narnia e parte a Terni.

Vennero lasciate insieme a loro alcune delle legioni vincitrici presidio non troppo molesto se rimanevano tranquilli, abbastanza valido in caso di ribellione. In quel periodo Primo e Varo non mancarono di offrire a Vitellio, con ripetuti messaggi , salvezza e denaro e un rifugio sicuro in Campania, perchè deponesse le armi e si fosse consegnato con i figli a Vespasiano. Anche Muciano gli scrisse delle lettere dello stesso tenore, che in generale ispiravano fiducia a Vitellio, il quale teneva discorsi sul numero dei servi e sulla spiaggia che avrebbe scelto. Tanto grave torpore era entrato nell'animo suo che se gli altri non si fossero ricordati che egli era stato imperatore, egli stesso l'avrebbe dimenticato.

 

[67 it ]  Le orecchie di Vitellio restavano sorde ai consigli di energia: il suo animo era oppresso dalla commiserazione e dal pensiero che se si fosse ostinato a lottare , la moglie ed i figli troverebbero più implacabili il vincitore. Aveva anche la madre vecchissima, essa però prevenne con una morte tempestiva , di pochi giorni l'eccidio della famiglia, senza aver ricavato nulla dal principato del figlio  se non pianto  e fama di bontà.  Nel giorno quindicesimo prima delle calende di gennaio ( 18 dicembre 69 d.c.) appresa la defezione delle legioni e delle coorti che avevano capitolato a Narnia , Vitellio in abito da lutto , esce dal palazzo circondato dai liberti, e dagli schiavi piangenti; dietro di lui veniva portato sopra una piccola lettiga il figlioletto, come una cerimonia funebre. Benevole, ma inopportune le grida del popolo, in minaccioso silenzio i soldati.

 

 

[78 it ]   Mentre ciò avveniva nel partito di vitellio, l'esercito di Vespasiano , partito da Narnia  celebrava tranquillamente ad Otricoli i Saturnali. Motivo di così deplorevole indugio , il dover attendere Muciano. Ma non mancò chi sospettava Antonio di aver temporeggiato ad arte, dopo che aveva ricevuto una lettera segreta da Vitellio, in cui questi gli offriva, quale prezzo del tradimento il consolato e la figlia nubile con una ricca dote. Altri sostengono essere questa una invenzione , creata per ingraziarsi Muciano ; alcuni altri che fosse un piano concertato da tutti i comandanti quello di minacciare guerra alla città di Roma senza portarvela realmente, giacchè le coorti più valide avevano abbandonato Vitellio e questi pareva destinato a lasciare l'impero essendogli venute meno tutte le risorse.  Ma che il piano era stato sconvolto dalla precipitazione e poi dalla incapacità di Sabino, il quale riprese follemente le armi  , non aveva saputo difendere la rocca del Campidoglio, formidabile e non espugnabile neppure dai grandi eserciti.  Non si può far cadere su uno solo la colpa che fu di tutti; infatti da un lato Muciano con i suoi messaggi ambigui faceva ritardare i vincitori, dall'altra Antonio per una condiscendenza intempestiva o forse per desiderare di attirare l'odio su Muciano, si rese colpevole davvero;  anche gli altri comandanti  col considerare terminata la guerra resero tristemente famosa la fine di lui. Lo stesso Petilio Ceriale , mandato avanti con mille cavalieri affinchè  per scorciatoie attraverso il territorio Sabino raggiungesse la via Salaria e di li entrasse in Roma, non si era affrettato abbastanza; fino a che la notizia dell'assalto al Campidoglio non li fece svegliare tutti quanti.

 

 

[79 it ] Antonio arrivò per la via Flaminia ai sassi rossi ( Grotta rossa a 9 miglia da Roma) soccorso tardivo a notte già inoltrata. Colà apprese dell'uccisione di Sabino, l'incendio del Campidoglio, lo sgomento di Roma , null'altro insomma che tristi notizie. Gli si annunziava inoltre che la plebe e gli schiavi si armavano a favore di Vitellio. Petito Ceriale in uno scontro di cavalleria aveva avuto la peggio; perchè mentre accorreva senza precauzione , quasi gettandosi a precipizio sui nemici già vinti, i Vitelliani lo affrontarono con fanti e cavalieri frammisti insieme. Si combattè non lontano dalla città tra case e giardini e viottoli tortuosi ben noti a vitelliani e sconosciuti perciò temibili per i loro avversari. E non era nemmeno tutto concorde lo squadrone , essendosi aggiunti alcuni che da poco si erano arresi a Narnia  ed ora spiavano la sorte dei due partiti. Viene catturato il prefetto di cavalleria Giulio Flaviano; tutti gli altri si danno alla fuga vergognosa, ma i vincitori non li seguiranno al di là di Fidene ( Castel Giubileo  a 5 miglia da Roma sulla Salaria).

 

 


Capitolo 15

La Narnia dell'antica Roma

 

Riassunto delle letture su Narnia di C.S. Lewis

 

Come cita Paul Ford's su "Companion to Narnia":

 

Dal momento che i primi successi di Lewis ad Oxford , furono nei classici latini e nella storia antica, è possibile che Lewis abbia letto almeno sette riferimenti alla  Narnia romana in Italia, nei testi della letteratura latina.

 

" Quattro citazioni sono state trovate nelle Historiae di Livio (10:10, 27:9,27:50, and 29:15) , altre citazioni sono state trovate negli annali di Tacito  (3:9) inoltre Plinio il Vecchio commenta nelle sue Storie Naturali riguardo il clima particolare di Narnia ( che diventa secco durante la stagione delle pioggie).... infine Plinio il Giovane nelle sue lettere alla suocera Pompea Celerina , menziona l'eccellenza degli alloggi della sua villa presso Narnia, e specialmente i suoi stupendi bagni. Di questi riferimenti , Lewis menziona sicuramente Plinio il Giovane, in una lettera ad Arthur Greeves".

 

Ma cosa avrebbe letto Lewis nei riferimenti citati???????

 

In pratica tutta la storia della nostra Narnia romana dalla sua fondazione nel 299 a.C. fino a circa il 120 d.C.

 

Cerchiamo di scoprire meglio seguendo l'ordine cronologico la storia di Narnia attraverso  gli scritti latini.

 

La colonia latina Narnese:

La  colonia romana di Narnia  nasce tra la fine del IV e l’inizio del III secolo a.C. In particolare Livio è  lo storico che riporta le operazioni militari , che coinvolsero l’Umbria e  svoltesi nella guerra contro gli Etruschi  e gli altri popoli italici alla fine del IV secolo. La datazione esatta è quella del 299 a.C. data in cui l’antica Nequinium fu conquistata dai  Romani a causa del tradimento di due narnesi

 

Le citazioni di Livio sono  tratte dal libro ab-urbe condita

ed esattamente:

 

libro 10

Capitolo 9

Capitolo 10

 

Libro 27

Capitolo 9

Capitolo 43

Capitolo 50

 

Libro 29 Capitolo 15

 

Tralasciando le descrizione generali che potrete trovare in appendice , le parti più interessanti che riguardano Narnia sono :

libro 10  Capitolo 9

 

Alter consul Appuleius in Vmbria Nequinum oppidum circumsedit. Locus erat arduus atque in parte una praeceps, ubi nunc Narnia sita est, nec ui nec munimento capi poterat. Itaque eam infectam rem M. Fuluius Paetus T. Manlius Torquatus noui consules acceperunt. In eum annum cum Q. Fabium consulem non petentem omnes dicerent centuriae, ipsum auctorem fuisse Macer Licinius ac Tubero tradunt differendi sibi consulatus in bellicosiorem annum: eo anno maiori se usui rei publicae fore urbano gesto magistratu; ita nec dissimulantem quid mallet nec petentem tamen, aedilem curulem cum L. Papirio Cursore factum.

 

libro 10  Capitolo 10

[10] Ceterum ad Nequinum oppidum cum segni obsidione tempus tereretur, duo ex oppidanis, quorum erant aedificia iuncta muro, specu facto ad stationes Romanas itinere occulto perueniunt; inde ad consulem deducti praesidium armatum se intra moenia et muros accepturos confirmant. Nec aspernanda res uisa neque incaute credenda. Cum altero eorum nam alter obses retentus duo exploratores per cuniculum missi; per quos satis comperta re trecenti armati transfuga duce in urbem ingressi nocte portam, quae proxima erat, cepere. Qua refracta consul exercitusque Romanus sine certamine urbem inuasere. Ita Nequinum in dicionem populi Romani uenit. Colonia eo aduersus Vmbros missa a flumine Narnia appellata; exercitus cum magna praeda Romam reductus.

 

libro 10  Capitolo 9

.....Lo stesso console combattè anche una guerra contro gli Equi in rivolta, guerra per niente memorabile, perchè tranne la fierezza d'animo essi non conservavano più nulla dell'antica fortuna. L'altro console , Apuleio, strinse d'assedio in Umbria la città di Nequinum  . La posizione era ardua e da una parte , dove oggi è situata Narnia,  scoscesa e non si riusciva a prenderla nè d'assalto nè con opere d'approccio. Perciò ai nuovi consoli , Marco Fulvio Peto e Tito Manlio Torquato, toccò quell'impresa ancora incompiuta.............

 

libro 10  Capitolo 10

Intanto a Nequinium , mentre il tempo passava nel lento assedio, due cittadini, le cui case erano addossate alle mura, scavata una galleria , giunsero di nascosto ai posti di guardia dei romani: condotti quindi davanti al console, lo assicurarono che avrebbero fatto entrare in città un presidio armato. Sembrò che questa proposta non fosse nè da respingere nè da accettare ciecamente. Furono mandati attraverso il cunicolo insieme ad uno di essi, l'altro fu trattenuto come ostaggio, due esploratori: avute per mezzo loro notizie sicure, trecento armati, sotto la guida del disertore, penetrarono di notte nella città e occuparono la porta più vicina. Abbattuta questa , il console e l'esercito romano piombarono in città senza incontrare resistenza. Così Nequinum cadde in potere del popolo romano. Vi fu stanziata per tenere a bada gli Umbri una colonia, che dal nome del fiume ( NAR) fu chiamata NARNIA ; l'esercito fu ricondotto a Roma con grande bottino.

 

 

 

Note

 

Va sottolineato che nel 299 a.c. finisce l'esistenza della popolazione Umbra con tradizioni incerte (Italiche, Celtiche...) ed inizia con l'immissione di soldati e coloni Romani , un periodo in cui a Narnia vengono stanziati alcuni dei più validi soldati romani a difesa della grande Roma.

Narnia quindi come baluardo di Roma e sua difesa dai popoli provenienti da  nord. Questo periodo segna anche una crescita di Narnia ed un suo nuovo assetto territoriale con cardo e decumano con nuove fortificazioni e sempre maggiore autorità per i cittadini narnesi che aumenterà nel tempo con la famiglie importanti , come quella dei Nerva che addirittura porterà ad Avere come imperatore romano un abitante di Narnia , Cocceio Nerva. 

 

Ritroviamo ancora informazioni su Narnia sempre da parte di Livio dopo qualche tempo ed esattamente quando siamo durante la seconda  guerra punica siamo nel 209 a.C.

Narnia rifiutò l'ordine di Roma di inviare soldati e denaro per combattere Cartagine.

 

 

Libro 27 Capitolo 9

 

 

 

In quel tempo le colonie del popolo romano erano trenta ; dodici di queste , mentre le ambascerie di tutti si trovavano a Roma , fecero sapere ai consoli di non avere nè soldati nè denaro da dare. Queste colonie furono:  Ardea, Nepete, Sutri, Alba, Carseoli , Sora, suessa, Circei, Sezia, Cales, NARNIA, Interamna. Impressionati da questo nuovo ed improvviso atteggiamento degli alleati , i consoli, volendo dissuaderli da una decisione così esacrabile e ritenendo più utile procedere con le minacce e con i rimproveri che usare la benevolenza, risposero agli ambasciatori alleati che essi avevano osato dire ai consoli ciò che i consoli stessi esitavano a dire di fronte al senato, poichè non si trattava di sottrarsi  all'impegno di fornire soldati, ma di ribellarsi apertamente al popolo romano. Ritornassero quindi in fretta nelle loro colonie, e  come se nulla fosse accaduto, ed essi avessero soltanto accennato a parole alla possibilità di un così grave misfatto, piuttosto che osare realmente di compierlo, si consigliassero con i loro concittadini. Ricordassero a loro che essi non erano nè Campani, nè Tatentini, ma Romani; da Roma avevano avuto origine , di qui erano stati mandati nelle colonie e nelle terre conquistate in guerra, al fine di perpetuare la stirpe. Ciò che i figli devono ai genitori , essi lo dovevano ai Romani, se ancora rimaneva nei loro animi alcuna devozione filiale e la memoria dell'antica patria. I loro concittadini prendessero dunque una nuova deliberazione; infatti ciò che avevano avventatamente già deciso, avrebbe portato a tradire la repubblica romana e a dare la vittoria ad Annibale. Dopo che a giorni alterni ciascuno dei consoli ebbe a lungo ed ampiamente ripetuto tali argomentazioni , gli ambasciatori per nulla scossi, risposero dichiarando che essi non avevano nulla di riferire in patria e che il loro senato non aveva più nulla di nuovo da deliberare, poichè non vi era più un soldato da reclutare , nè restava denaro per le paghe militari. I consoli vedendo che gli ambasciatori erano irremovibili, riferirono la cosa al senato , il quale fu preso da un terrore così grande che una gran parte dei senatori dichiarò che ormai Roma era finita: anche le altre colonie e gli alleati si sarebbero comportati allo stesso modo tutti ormai cospiravano per consegnare Roma nelle mani di Annibale.

 

Libro 27 Capitolo 43


Mentre queste cose avvenivano , Asdrubale, dopo aver abbandonato l'assedio di Piacenza, inviò ad Annibale con una lettera, quattro cavalieri galli e due numidi. Costoro passarono attraverso i nemici , percorrendo in lunghezza quasi tutta l'Italia ; mentre inseguivano Annibale che si ritirava a Metaponto , avviati verso Taranto dall'incertezza delle strade furono sorpresi da soldati romani che stavano foraggiando nei campi  e condotti al propretore Q. Claudio. Dapprima tentarono di imbrogliarlo con risposte ambigue, poi quando la paura di essere torturati li costrinse a rivelare la verità, rivelarono di portare ad Annibale un messaggio da parte di Asdrubale. Con la lettera ancora sigillata, furono consegnati al tribuno militare, L. Virginio per essere condotti al console Claudio.; insieme furono mandati due squadroni di  Sanniti perchè li scortassero. Allorchè giunsero al console e per mezzo di un interprete fu letto il messaggio e fu fatto l'interrogatorio dei prigionieri, Claudio ritenne che nell'interesse dello stato quello non dovesse essere il momento in cui si dovesse usare la normale procedura, in virtù della quale, ciascuno dei consoli doveva condurre la guerra nell'ambito della propria provincia contro quel nemico che il senato gli aveva assegnato. Claudio, giudico invece, che fosse allora il caso di osare qualche impresa di nuovo tipo che incominciata che fosse, non gettasse nel terrore i suoi concittadini meno che i nemici, ma che , condotta a termine, dovesse trasformare una grande paura in una grande gioia; mandò perciò al senato la lettera di Asdrubale e nello stesso tempo comunicò egli stesso ai senatori il suo piano. Poichè  Asdrubale scriveva al fratello che gli sarebbe andato incontro in Umbria, egli consigliava al senato di richiamare una legione da Capua a Roma, di fare a Roma le leve e di fronteggiare il nemico a Narnia con l'esercito urbano.

 

Nota:

Gli eventi diedero ragione ai Romani che a marce forzate riuscirono a spostare il loro esercito dal sud Italia dove era Annibale , e da Roma dove erano truppe a difesa della città al nord passando per la Flaminia ( costruita nel  220 a.C. dal censore Gaio Flaminio, poco prima della discesa di Annibale in Italia ) per fronteggiare l'esercito di Asdrubale , sicuro che Annibale sarebbe rimasto a Canusio in attesa di notizie del fratello, il console Nerone scelse nel suo esercito settemila uomini e, lasciato il grosso presso il campo cartaginese, alla testa di quelle poche migliaia di armati si diresse a marce forzate verso il Piceno e raggiunse il console LIVIO che si trovava accampato a Sena (Senigaglia).Asdrubale non si accorse dell'arrivo dei rinforzi  dei romani, perchè questi  invece di allargare il loro accampamento , come era d'uso, accolsero i loro commilitoni nelle proprie tende accomodandosi alla meglio, e traendo in inganno il nemico.  La battaglia del fiume Metauro fu vinta dai Romani l'esercito di Asdrubale fu annientato e lo stesso Asdrubale fu ucciso e decapitato.

 

Libro 27 Capitolo 50

Nerone nella notte che seguì la battaglia partì con una rapidità maggiore di quella con la quale era venuto e sei giorni dopo pervenne al suo accampamento nelle vicinanze di Annibale. Al suo passaggio fu accolto da un minor numero di persone, perchè non si era fatto precedere da alcun messaggero; tuttavia fu così sfrenata la gioia di coloro che gli andavano incontro che a stento pareva che la gente potesse conservare il controllo di se.

Non è possibile narrare e descrivere quale fu in Roma lo stato d'animo ed il comportamento dei cittadini nonchè la trepida aspettativa degli eventi ed il modo col quale i romani accolsero la notizia della vittoria. Per tutti i giorni , dopo che si seppe che il console Claudio era partito, dall'alba al tramonto nessun senatore abbandonò mai nè la Curia nè il suo ufficio, nè mai il popolo si mosse dal foro. Le matrone, non avendo alcuna possibilità di azione, si volsero alle preghiere ed alle invocazioni andando da un tempio all'altro e non dando tregua agli dei con le loro suppliche ed i loro voti. Mentre al città era sospesa in preda all'inquietudine , si sparse dapprima l'incerta notizia che due cavalieri di NARNIA erano giunti dalla battaglia nell'accampamento collocato all'ingresso della stretta che si apre sull'Umbria ed avevano raccontato che il nemico era stato distrutto. Dapprima la notizia fu accolta più con le orecchie che con l'animo, perchè sembrava troppo grande e troppo bella per essere concepita con la mente o per essere creduta; la stessa rapidità con la quale la notizia era pervenuta impediva che le si prestasse fede, poichè si diceva che la battaglia era avvenuta appena due giorni prima.  Subito dopo una lettera giunta dall'accampamento da parte di L. Manlio Acidino, informava dell'arrivo dei cavalieri di NARNIA  . Questa lettera , portata attraverso il Foro al tribunale del pretore, fece uscire i senatori dalla Curia ; il popolo si affollò allora alle porte della Curia con tale selvaggio tumulto, che il messaggero non potendo entrare fu trascinato dalla turba di quelli che a gran voce chiedevano che la lettera fosse letta pubblicamente , prima sui rostri e poi al senato. Alla fine , quando la folla fu allontanata e trattenuta dai magistrati , la gioia potè essere condivisa tra coloro il cui animo era incapace di contenerla. Prima in senato, poi all'assemblea del popolo, fu letto il messaggio e secondo la diversità dei caratteri, alcuni ne trassero motivo di gioia sincera, altri invece, non si sentirono di prestare fede assoluta alla notizia, prima di averla appresa dai messaggeri e dalle lettere dei consoli.

 

Libro 29 Capitolo 15

Allorchè si tratto dei rinforzi da fornire alle legioni che erano nelle province, fu proposto da alcuni senatori di non tollerare più , quanto ormai per favore degli dei la paura era finalmente scomparsa, quello che in situazione critica in un certo senso si era tollerato.

Mentre tutti  erano in attesa di sentire di che si trattava , coloro che avevano parlato aggiunsero che dodici colonie latine che avevano rifiutato di dare soldati ai consoli Q. Fabio e Q. Fulvio, fruivano già da circa sei anni dell'esonero dal servizio militare , come di un onore o di un privilegio, mentre gli alleati  fedeli e scrupolosi si erano impoveriti a causa dei continui arruolamenti di quegli anni, per serbarsi leali e condiscendenti verso il popolo romano. Queste dichiarazioni più che richiamare la memoria dei senatori  un  fatto ormai dimenticato , suscitarono in essi vivissimo sdegno. Perciò non tollerando che i consoli trattassero altri argomenti prima di questo , stabilirono che i consoli chiamassero a Roma i magistrati e i dieci cittadini più autorevoli delle colonie incriminate: Nepete, Sutri, Ardea, Cales , Sora, Alba, Carseoli , Suessa, Circei, Sezia, NARNIA, Interamna.  A costoro doveva essere trasmesso l'ordine di fornire a ciascuna colonia un numero doppio di soldati di quello massimo che aveva dato al popolo romano dal tempo in cui i Cartaginesi avevano messo piede in Italia; in più cento cavalieri per ogni colonia; se poi qualcuna di esse non era in condizione di fornire quel numero di cavalieri, poteva offrire tre fanti per ogni cavaliere.  Sia fanti che cavalieri dovevano essere scelti tra i più ricchi e dovevano essere mandati fuori d'Italia, là dove fossero necessari dei rinforzi; se qualcuno di loro si fosse opposto , si trattenessero in ostaggio i magistrati e gli ambasciatori di quella colonia senza ammetterli all'udienza del senato, qualora lo avessero richiesto, prima di aver eseguito gli ordini ricevuti.  Si decretò inoltre , di imporre a quelle colonie il contributo annuo di un asse per ogni mille assi di bronzo posseduti e di effettuare in esse un censimento secondo le norme prescritte dai censori romani e fu stabilito che tali norme fossero le stesse vigenti per il popolo romano e che il risultato di tale censimento fossero portati a Roma dai censori giurati delle colonie, prima di  abbandonare la carica. In virtù di questa  delibera del senato furono chiamati a Roma i magistrati e i più autorevoli cittadini di quelle colonie. Quando i consoli ingiunsero a costoro di fornire i soldati e pagare il tributo , essi rifiutarono e gli uni e gli altri si misero a protestare dicendo di non potere in nessun modo procurare una così grande quantità di soldati. Se a loro fosse stato imposto un semplice contributo secondo le convenzioni stabilite , non doppio, solo a stento si sarebbero sforzati di fornirlo. Pregavano, perciò e scongiuravano di essere ammessi all'udienza del senato per esporre le loro suppliche. Dichiaravano inoltre di non aver commesso nulla perchè meritassero di andare in rovina; se questo poi dovesse accadere , nè la loro colpa, nè lo sdegno del popolo romano avrebbero potuto far si che essi fossero in condizione di fornire un contingente di soldati maggiore di quello che avevano. I consoli irremovibili   imposero agli ambasciatori di rimanere a Roma; ai magistrati invece, ordinarono di ritornare in patria per procedere agli arruolamenti : se non fosse stata condotta a Roma la quantità di truppe richiesta, nessuno di loro sarebbe stato ammesso in senato. Poichè in tal modo fu tolta ad essi la speranza di poter fare ascoltare ai senatori le loro lagnanze, in quelle dodici colonie furono condotte a termine le leve senza alcuna difficoltà, dal momento che il numero dei giovani era molto aumentato a causa del lungo periodo di esenzione dal servizio militare.

 

Citazioni di Tacito :

 

Tacito

Vita: nasce tra il 54 ed il 57 a Terni, altri dicono forse in Gallia, da una famiglia dell’ordine equestre. Si forma culturalmente a Roma, vive sotto i Flavi e poi sotto Nerva, Traiano, Adriano. Si dedica alla carriera politica.

Date importanti

78 Sposa la figlia di Agricola

78-89 Dialogus de oratoribus

97-98 De Germania

104-109 Historiae

113-117 Annales

 

Le citazioni di Tacito relativamente a Narnia sono:

 

Tacitus's Annals (3:9)

Historiae - Liber III (Capitoli:58,60,63 due volte,67,78,79)

 

 

Tacito Annals (3:9)

Siamo intorno all'anno 20 D. C.

 

[9it ]  Pisone attraversato il mare di Dalmazia ( attuale Adriatico) e lasciate le navi ad Ancona , per il piceno e poi per la via Flaminia (Via costruita nel 220 a.c. ad opera del console Gaio Flaminio) raggiunse la legione che dalla Pannonia veniva condotta a Roma , per essere poi inviata di guarnigione in Africa; fu oggetto di molti commenti il fatto che egli si fosse mostrato spesso negli schieramenti e durante la marcia. Da Narnia  ( prendeva il nome dal fiume Nar oggi Nera) per non dare sospetti  o forse perchè chi ha paura è incerto nel decidere, si fece portare lungo il corso del Nera , poi del Tevere, ed aggravò lo sdegno del popolo , perchè avendo preso terra vicino alla tomba dei Cesari ( mausoleo di Augusto), in pieno giorno , e mentre la riva era affollata, si erano avanzati lui una folta schiera di clienti, Plancina con un seguito di donne, entrambi con volto gioioso. Tra l'altro destò malevolenza l'apparato festivo della sua casa, dominante il foro, ed il ricevimento ed il banchetto: cose che tutti seppero essendo il luogo frequentatissimo.

 

 

Tacito Historiae - Liber III (Capitoli:58,60,63 due volte,67,78,79)

Siamo intorno al  69 Dopo Cristo. Siamo nelle ultime fasi che porteranno al potere  T. Flavio Vespasiano , in lotta con Vitellio . Tacito racconta nelle sue Historiae gli eventi  e la città di Narnia è più volte menzionata, più che altro come riferimento geografico, non si parla mai dell'atteggiamento dei suoi cittadini verso l'una o l'altra parte.

I fatti possono riassumersi così:

Vitellio stabilisce due capisaldi , a Narnia ed in Campania , come estremi baluardi della difesa di Roma, lasciando nel più settentrionale una parte delle sue forze sotto i prefetti del pretorio, mentre ormai i flaviani occupavano Meuania  (Bevagna) e le nevi rendevano difficile il passaggio sugli Appennini. Le truppe di Vespasiano avevano stabilito il campo a Carsulae , Antonio Primo che li comandava , prevedeva la possibilità di giungere senza lotta alla resa delle truppe di Vitellio che presidiavano il passaggio della Flaminia a Narnia , ad appena dieci miglia di distanza.  Antonio , diplomatico nel contenere i suoi e conciliante verso gli avversari, mirava insieme ad ottenere la resa dei vitelliani , ormai inferiori di numero ed a evitare di dover forzare la posizione chiave a Narnia. Debellato il piccolo presidio di Interamna ( Terni con circa 400 cavalieri), era cominciato progressivamente lo sfaldamento delle forze Vitelliane , definitivamente abbattute alla notizia della morte di Fabio Valente. L'armata di Vitellio si indusse alla fine , a discendere nel piano davanti a Narnia , mentre le legioni Flaviane erano schierate lungo la Flaminia. "L'esercito Flaviano pronto ed armato come a battaglia, si era disposto ai lati della via in schiere serrate. Vennerò così accolti nel mezzo i Vitelliani; e una volta circondati li arringò con clemenza Primo Antonio; ebbero ordine di fermarsi parte a Narnia e parte a Terni". 

In pratica Tacito stesso collega la caduta del presidio di Narnia con la sconfitta definitiva   di Vitellio che il 18 dicembre , abbandona l'impero. Narnia quindi come ultimo baluardo della difesa di Roma.

 

 

Considerazioni generali sulle letture latine di CS LEWIS relative a Plinio il Vecchio.

Relativamente a Plinio il Vecchio :

Storia Naturale Einaudi libri 12-19 isb 8806577268

Plinio il vecchio ( Nat. Hist. XVII,213)

 

Nel libro diciasettesimo relativo alla coltivazione degli alberi  e della vite si trova:

Medium temperamentum in Carsulano secuntur cariosasque tantum vitis partes incipientesque inarescere depurando, ceteris ad uvam relictis. Detracto onere supoervacuo pro nutrimento omni est raritas volneris; sed nisi pingui solo talis cultura degenerat in Labruscam .

 

Nel territorio di Carsule tengono una via di mezzo  e potano solo le parti guaste della vite e quelle che cominciano a seccare , lasciando le altre a produrre uva; una volta tolto il peso superfluo avendo ricevuto poche ferite è per la vite maggior nutrimento; ma se il terreno non è grasso , una coltivazione di questo tipo degenera in lambrusca ( cioè in vite selvatica : cfr XIV 98).

 

Sempre da Plinio il Vecchio Storia Naturale  31,51 :

.... quaedam terrae imbribus sicciores fiunt uelut in Narniensi agro, quod admirandis suis inseruit Cicero, siccitate lutum fieri prodens, imbre puluerem.

 

Plinio cita Cicerone dai perduti admiranda ; elencando la particolarità dei regimi delle acque in rapporto alle pioggie ed alle stagioni , si porta ad esempio il territorio narnese, dove le terre si facevano più secche in occasione di piogge e si produceva fango nei periodi di siccità, polvere in quelli piovosi.

 

 

Da ricercare inoltre la citazione relativa  a Narnia:

LYNDA OCHSNER writes: 'Ford's _Companion to Narnia_ also notes that Lewis may have read at least seven references to Narnia in Latin literature, including four mentions of Narnia in Livy's _History_. Other references include Tacitus' _Annals_, and Pliny the Elder's comment in _Natural History_ about Narnia's unusual weather (it became drier during the rainy season). A seventh is "Pliny the Younger's letter to his mother-in-law, in which he mentions the excellence of the accommodations of her villa at Narnia, especially its beautiful baths." Apparently Lewis only mentions this last reference, in a letter to Arthur Greeves and published in _They Stand Together_.

 
Plinio il vecchio commenta nelle sue storie naturali , circa  Narnia ( è le proprietà magiche del terreno che diventa secco durante la stagione della pioggia). Sembra quasi che Lewis  sia rimasto impressionato dalla terra magica di Narnia , in cui come lui cita  " È Sempre inverno e non è mai Natale ".

 
 

Considerazioni generali sulle letture latine di CS LEWIS relative a Plinio il Giovane.

 Dalle ricerche eseguite si può dedurre che Lewis amasse e prendesse a modello particolarmente la vita e gli scritti di Plinio il giovane non solo per le citazioni su Narnia  e la qualità della vita che si poteva trovare nelle ville nel territorio Narnese, ma in generale per la vita che faceva  Plinio il giovane , alternando l'amore dello scrivere all'oratoria ed ai molti impegni politici.

Si potrebbe fare un parallelo tra l'abitudine di Plinio , di tenere una fitta corrispondenza con molti amici  come nell'Epistolario  che contiene ben 247 lettere ad amici e parenti , tra cui Plinio seleziona le lettere che avevano maggiore interesse stilistico.  Analogamente Lewis prese l'abitudine di tenere una regolare corrispondenza con 

Arthur Greeves (They Stand Together, Macmillan, Collins, 1979). Ed ama leggere a voce alta i suoi scritti ad amici ed al gruppo degli Inklings .

 

Plinio fu poi famoso come letterato e la preoccupazione dello scrivere bene fu per lui preminente: egli dice (I,2) scrivendo all'amico Arriano cui invia il testo di un proprio discorso perchè lo corregga ( pur avvertendolo che non ha mai scritto con tanto ardore) , di aver tentato di imitare Demostene e di uguagliare "il nostro Marco" cioè Cicerone ( di cui è  famoso l'epistolario e l'oratoria).  All'amico Tacito redige una specie di programma della propria oratoria; si ha da essere ampi, fluenti, oppure stringati ed essenziali??? Plinio intendeva l'arte oratoria come efficace se minuziosa ed abbondante ( simile alla neve d'inverno, cioè fitta e costante).

 

Altro parallelismo interessante è l'amore di Plinio per l' arte oratoria  e per i pubblici discorsi che esso amava tenere e che descrive dettagliatamente nelle sue lettere. 

Anche Lewis è stato un oratore formidabile e le sue letture richiamavano folle di persone, senza trascurare la sua attività radiofonica che lo rese famoso in Inghilterra per le sue trasmissioni radiofoniche sulla BBC.

È proprio durante tali trasmissioni radiofoniche che iniziano i suoi racconti sulle cronache di Narnia , che solo successivamente prendono forma organica in quello che poi diventerà il più famoso libro delle cronache di Narnia , cioè appunto " il leone la strega e l'armadio" , che fu appunto il primo libro scritto in ordine cronologico delle Cronache di Narnia , infatti " il nipote del Mago" che  è il primo libro della serie di Narnia in realtà è stato scritto successivamente dal nostro autore.

 

Vale anche la pena di riportare come Plinio amava passare una sua giornata tipo ( lettera a Fusco : IX,36) :

Mi domandi come organizzo la mia giornata d'estate nella villa di toscana( ricordiamo che Plinio aveva una villa nei pressi di Città di Castello, che potrebbe essere appunto quella citata a parte la poca correttezza geografica). Mi risveglio  quando mi accomoda , di solito tra le sei e le sette, sovente più presto, raramente più tardi. Le mie finestre rimangono chiuse; sbarazzato di tutto ciò che mi distrae non si può credere fino a quel punto , dall'oscurità e dal silenzio, libero padrone di me stesso, non pongo l'attenzione al servizio dei miei occhi, ma questi al servizio di quella: essi vedono ciò che vede il mio spirito , quando non vedono altro. Penso , se ho iniziato qualche lavoro; lavoro col pensiero come se scrivessi, scegliendo le parole e correggendole, ora un breve brano , ora uno più lungo , secondo che il testo sia stato più o meno facile da correggere e da mandare a memoria. Chiamo poi un segretario e avendo fatto aprire la finestra, gli detto ciò che ho preparato, il segretario se ne va, è richiamato e rinviato una seconda volta.

Quando arrivano le undici o mezzodì ( perchè il mio orario non è rigorosamente ripartito e misurato)secondo il tempo che fa , vado sulla terrazza o nella galleria e continuo a meditare e a dettare. Monto in carrozza . Identico lavoro quando passeggio o sto sdraiato sul letto ; la mia attenzione è ben desta , essendo anzi rinfrancata dal mutato ambiente.  Dormo ancora un poco poi passeggio; leggo un discorso in greco o latino , a voce alta e ferma , per rinforzare i polmoni più che la laringe; ma tutti e due vi trovano il loro vantaggio. Passeggio ancora, mi faccio massaggiare, poi faccio un pò di ginnastica e prendo un bagno. Durante il pasto , se non ho con me che mia moglie e pochi invitati si legge un libro; dopo il pranzo si ascolta un attore o un suonatore di lira; poi passeggio con la mia gente, tra cui ve ne sono di istruiti. Così grazie ad una conversazione varia, la serata si prolunga , e anche quando le giornate durano di più , la fine arriva presto.

A volte il programma subisce delle modifiche  poichè se son rimasto  lungo a letto o a passeggio, è solo dopo la siesta e la lettura che monto a cavallo. Arrivano degli amici dalle ville vicine, che mi occupano una parte della giornata e a volte, se non sono stanco, mi rendono servizio interrompendomi. Mi capita spesso di andare a caccia, ma mai senza le tavolette , per potere , se non ho preso nulla , riportare qualcosa.........

 

Narnia Quindi è anche associato ad un paesaggio bucolici , alla campagna vicino Roma , ad un luogo immerso nel verde. Lewis amava moltissimo passeggiare nella campagna ed era uno dei suoi massimi divertimenti . Infatti sono famose le sue camminate con gli amici in particolare con suo fratello Warnie ed il suo amico Barfield con quest'ultimo Lewis  dal 1927 in poi quasi ogni primavera si recavano a fare lunghe escursioni a piedi. Una maniera piacevole di trascorrere tre o quattro giorni insieme. Nell'Aprile del 1927 Lewis e Barfield , insieme a due amici  dei tempi dell'università , Cecil Harwood e W.O. Field , fecero una escursione a piedi sulle colline del Berkshire e del Wiltshire  attraverso Marlborough e Devizer , e poi, passando sul limitare della piana di Salisbury a Lyme Regis.

( vedi dettagli sul libro Gli Inklings di Humphrey Carpenter  Joca book ).

 

 

In particolare dalle ricerche fatte sulla vita e le opere  di  Plinio il Giovane:

Plinio il giovane attraverso le sue lettere di Luigi Risca ed. Pietro Cairoli Como 1967

Riferimento BCT (biblioterca Terni L1480)

Opere di Plinio Cecilio Secondo  a cura di Francesco Trisoglio UTET editori Torino 1973

Riferimento BCT (biblioterca Terni 876 PLI Ie II)

 

Si trova esattamente nell'epistolario riferimento (EP I,4)

 

C. Plinius (Pompeiae) Celerinae Socrui S.

Quantum copiarum in Ocriculano, in Narniensi, in carsulano , in Perusino tuo, in Narniensi vero etiam balineum! Ex epistulis meis(nam iam tuis opus non est) una illa brevis et vetus sufficit :..........

 

Caio Plinio invia i suoi saluti alla cara suocera Pompea Celerina.

Che magnifico trattamento ho ricevuto dalla tua tenuta  di Otricoli, in quella di NARNIA , in quella di Carsule, in quella di Perugia, in quella di NARNIA c'era addirittura un bagno !  Basta una mia lettera (ormai delle tue non c'è  più bisogno ) e per di più breve scritta qualche tempo prima, per essere fatto oggetto di un ricevimento così signorile........................................

 

Quindi Plinio sicuramente veniva spesso a NARNIA sia per trovare la Suocera che aveva appunto una villa a Narnia , che magari di transito sulla Flaminia si fermava durante il viaggio per andare alla sua villa di Città di Castello.

Ricordiamo che appunto dalle lettere di Plinio il Giovane e dalla descrizione della sua villa , è stata effettuata una campagna di scavi che ha portato alla scoperta della villa romana di Plinio.

 

Plinio il Giovane abitava quì  Città di Castello

"...L'aspetto del paese è bellissimo: immagina un immenso anfiteatro quale soltanto la natura può crearlo. Una vasta e aperta pianura è ed antichi... Benchè vi sia abbondanza di acqua non vi sono paludi perchè la terra in pendio ... il terreno si innalza così dolcemente e con una pendenza quasi insensibile, che, mentre ti sembra di non essere salito sei già in cima. Alle spalle hai l'Appennino, ma a distanza... Conosci ora perchè io preferisco la mia villa "in Tuscis" a quella di Tuscolo, Tivoli e Preneste"
Con queste parole inserite in una lunga lettera scritta all'amico Apollinare, il patrizio romano Plinio il Giovane, vissuto dal 62 al 113 d.C., amico dell'imperatore Traiano, descrive con ricchezza di particolari l'ambiente e la sua villa che possedeva in "Tuscis" in località "Colle Plinio" oggi Comune di S. Giustino. Gli scavi sistematici della villa iniziati nel 1975 dalla Soprintendenza stanno riportando alla luce una struttura di notevole dimensioni nella quale sono già state individuate un impianto termale, un atrio, un porticato, delle cantine con una vasca per la pigiatura dell'uva e dei grandi "dolia" recipienti in terracotta per la conservazione e la maturazione del vino. La parte urbana della villa cioè quella destinata al proprietario non è stata ancora scavata ed è evidente che saranno necessarie ulteriori ricerche per definire l'estensione e le articolazioni dell'intero complesso archeologico.

 

Ritornando alle letture latine di Lewis  è da notare che Lewis leggendo Plinio il giovane sicuramente avrà trovato traccia anche di altre grandi presenze nel territorio di NARNIA , come ad esempio dell'imperatore romano  Cocceio Nerva , che fu appunto contemporaneo di Plinio e che aprì la strada a Traiano, che grazie a Nerva  divenne imperatore.

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Marco Cocceio Nerva, noto semplicemente come Nerva, nato a Narnia  in Umbria intorno agli anni 30 d.c., morì a Roma il 25 gennaio  98. su questo importante personaggio stiamo  realizzando un nuovo libro che raccoglie  molte informazioni  e testi  in varie lingue  che  ho donato alla biblioteca comunale di Narni  e che in parte ho messo in rete  nei miei siti  vedi sotto 

Narnia e Narni

Narnia Romana

vedi anche : www.heos.it
presentazione del libro

Domeniche di Narnia a Narni

Narnia book game

Narnia ed i ragazzi di Forli'

 

 

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