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1870

Presa di porta Pia

Roma Capitale

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venti settembre 1870

La presa di Roma (20 settembre 1870), nota anche come Breccia di Porta Pia, fu un episodio del Risorgimento in cui Roma fu annessa al Regno d'Italia, decretando la fine dello Stato Pontificio e del potere temporale dei Papi. L'anno successivo la capitale d'Italia fu trasferita da Firenze a Roma (legge 3 febbraio 1871, n. 33).

Quello che non poterono i volontari garibaldini e mazziniani lo fecero la diplomazia e le truppe

 

del generale Raffaele Cadorna,

che il 6 settembre 1870 organizzò a Terni il suo quartiere generale, mentre i soldati del IV Corpo d'armata piemontese prendevano posizione ai confini; in città fu organizzato un ospedale militare e il necessario per il vettovagliamento giornaliero delle truppe, tramite ferrovia.


«Il Generale Cadorna, nominato comandante  del “corpo d’osservazione alla frontiera pontificia”, aveva posto il suo quartier generale a Terni, ed abitava in una casa prossima al Duomo. 

Delle tre divisioni poste sotto direttamente sotto i di lui ordini, la 11ª (Cosenza) con la sinistra a
Collalto si stendeva lungo il confine Umbro-romano, col quartier generale a Rieti: la 12ª (Mazè de la Roche) stava a cavallo della gran strada Firenze-Roma per Arezzo-Perugia-Spoleto-Narni, col quartier generale a Terni: la 13ª (Ferrero) a cavallo della strada Firenze-Roma per Siena-Viterbo, aveva il quartier generale a Orvieto. Furono successivamente formate altre due divisioni; la 2ª (Bixio) destinata ad operare al nord fra Radicofani e il mare; la 9ª (Angioletti) che aveva per campo d’azione a sud lo spazio fra il mare e la estrema sinistra della 11ª divisione appoggiata a Collalto». U. Pesci, Come siamo entrati in Roma, op.cit., p. 30.

E. De Amicis, Lettera da Terni, 10 settembre 1870. Sappiamo poi che De Amicis fosse effettivamente arrivato nella città umbra quel 10 settembre dalle memorie stese da Ugo Pesci, inviato di quel «Fanfulla» fiorentino fondato nel Giugno dello stesso anno, anch’esso in marcia con l’esercito per seguire gli avvenimenti, arrivato a Terni due giorni prima del nostro Edmondo. Pesci scrive: «La mattina del 10 si rianimarono le speranze […] Arrivò a Terni il reggimento lancieri di Novara […]. Arrivarono Edmondo De Amicis, inviato dall’Italia Militare, Roberto Stuart per il Daily News”, l’Arbib per la “Gazzetta del Popolo” di Firenze e due corrispondenti di giornali da Torino. Il drappello
giornalistico andava aumentando». U. Pesci, Come siamo entrati in Roma. Ricordi, con prefazione di G. Carducci, Milano, Treves 1895, p.36

Terni, 10 settembre 1870.
Ho trovato qui molti altri corrispondenti di gionali; uno almeno per ogni provincia italiana, e
parecchi stranieri. Da loro i lettori dell’Italia militare sapranno molti particolari storici, artistici e
statistici della città di Terni, che io ometto perchè non ho voglia di sfogliare la Guida e voi d’altra
parte non li pubblichereste.
Nella città non v’è quasi più truppa; ma sempre molta vita. Il quartiere generale, un gran numero
d’ufficiali di tutte le armi, di soldati delle classi richiamate, di cavalli, di carri; un moto e uno
strepito insoliti. V’è pure una grande affluenza di emigrati romani: giovani, famiglie intere che aspettano d’entrare in Roma dietro i soldati italiani.
Aggiungete a questo un diluvio di giornali, e immaginatevi se la città di Terni ha mutato aspetto.
Per tutta la linea da Firenze a Roma v’è un concorso di viaggiatori straordinario, e ad ogni stazione
se ne intende il perché nei saluti e negli augurii fra quei che partono e quei che restano.............. Per ora non ho altro a dirvi. Domattina vo a Narni e ci scriverò di là.

L'11 settembre 1870 Cadorna lanciò il Proclama con cui iniziava la campagna di guerra; il 20 settembre, esattamente dieci anni dopo l'entrata a Terni, i bersaglieri sabaudi varcavano Porta Pia

Anche un futuro Narnese partecipò come bersagliere alla presa di porta Pia

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si tratta di Claudio Lancillotti

(nella immagine alcune sue decorazioni come supertite delle campagne del 1860-1866 e successive)

che nel 1870 partecipò come bersagliere alla breccia ai porta Pia.

Veniva da Modena , poi si stabilì a Narni per  lavorare alla ex Spea .

Riportiamo con una lettera di uno dei partecipanti , che poi diverrà Generale ,  tali eventi .

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Presa di porta Pia

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Generale Crispo Cappai

Carissimo Padre

il 9 settembre 1870 partimmo da Amelia improvvisamente alla volta di Narni e da questa con una marcia forzata a Magliano ove tutti speriamo di passare il confine a Ponte Felice. Dopo poche ore di soggiorno ci viene l’ordine di portarci a Ponte xxxx presso Fara. L’indomani un altro ordine dalla Divisione (12a) c’impone di ritornare indietro a Magliano. Dopo giorni di soggiorno in questa passammo finalmente i confini a Ponte Felice sul Tevere. Un grido di gioia sfuggì dai nostri petti nel calcare l’usurpato terreno di S. Pietro. Dopo 2 ore di marcia giungemmo a Civita Castellana, ove un piccolo forte con una guarnigione di circa 200 zuavi ci presentò la prima resistenza. L’artiglieria nostra già messa tosto in posizione incominciò a salutare con granate la bandiera bianco gialla, mentre il mio battaglione per strade incassate girò alla corsa il forte sotto il fuoco della fucileria e si presentò sul fianco sinistro del medesimo. Nel momento che noi eravamo per aprire il fuoco la bandiera parlamentare bianca sostituì quella del Papa e noi dovemmo con rammarico rinchiudere le cartucce nelle giberne. Mezz’ora dopo passeggiavamo sugli spalti del forte ed i prigionieri venivano condotti a Spoleto. L’indomani proseguimmo la nostra marcia su Roma.

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xxxx salutavamo dalle nostre posizioni della Storta e di S. Onofrio la sommità della cupola di S. Pietro. Dal 16 al 20 non abbiamo fatto che movimenti militari di concentrazione e di posizione. In uno di questi la punta della nostra avanguardia (divisione) composta da una mezza squadra di lancieri di Novara si scontrò in un posto di avanguardia di zuavi. I nostri lancieri quantunque sopra una strada ristretta caricarono i nemici che si diedero a .. fuga per le campagne e fecero 7 prigionieri 9 dei quali feriti da parecchi colpi di lancia. Dei nostri non abbiamo da deplorare che un sergente, che caduto da cavallo fu infilzato da uno zuavo che ebbe poi 7 colpi di lancia. La nostra compagnia che alla corsa si reca sul posto non potè che distinguere malamente a 2 km di distanza qualche zuavo in precipitosa fuga a Roma.

 

Finalmente dopo molte ma inutili trattative di diplomazia militare il 20 alle 9,16 del mattino, la nostra batteria (parlo sempre della 12° divisione alla quale appartengo poiché delle altre non conosco gli eventi) aprirono il fuoco a Porta Pia per aprire una breccia nei bastioni e poter quindi montare l’assalto. Il bombardamento durò 6 ore6. Volli sempre, mentre il nostro battaglione era indietro al coperto, seguire i movimenti dei nostri pezzi in posizione e ciò per provarmi, per vedere così che effetto facevano su di me le cannonate che ci controbattevano i papalini. Fui soddisfatto della prima prova , calmo e indifferente seguivo collo sguardo le granate che arrivavano e che scoppiavano a pochi metri da noi: dopo una mezz’ora i nostri bravi artiglieri smontarono i pezzi nemici e fecero mano ai lavori di Breccia. Dopo 6 ore alle 11 la breccia ancora fumante era aperta7. Il segnale generale dell’attacco fu suonato ed il nostro battaglione s’avvicina alle mura. Tutt’ad un tratto un Generale (xxxx) ci grida: Bersaglieri non lasciatevi pigliare la palma dalla linea8. Questa infatti per una scorciatoia minacciava di precederci. Allora facciamo gettare gli zaini, abbandoniamo la strada coperta ed entriamo in aperto campo battuto dai fuochi incrocicchiati dei bastioni..

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Questo spazio di 200 metri fu percorso alla corsa veloce, senza mai abbassare la testa mi fermai due volte per riunire la mia mezza compagnia …fucilate dei fucili Reminton a retrocarica ci arrivavano da tutte le parti. ..(piegatura della lettera) …di tamburo, le palle ci fischiavano orribilmente alle orecchie e percuotevano il terreno con una furiosa … Questo fuoco accelerato di fucili a retrocarica fece piangere più di 100 emigrati che da una altura ci osservavano, ma noi eravamo ubriacati dal fuoco, dalla polvere per poter essere consci del pericolo. Questo tratto di terreno che fu attraversato in pochi minuti ci costò 20 soldati (al battaglione) e due capitani feriti, uno dei quali gravemente. Finalmente eccoci alla breccia, con un impeto impareggiabile varcammo quelle fumanti macerie e ...alla baionetta l’urrà terribile ai zuavi nascosti nella Villa Buonaparte (Paolina). Dopo un ora circa di combattimento la città s’arrese, una compagnia di zuavi fu dalla mia fatta prigioniera, un luogotenente francese (vile!) si gettò ai miei piedi domandandomi la vita e rendendomi la sciabola e il revolver carico che conserverò come trofei di Roma. Ho pure preso un Reminton dalle mani d’uno zuavo che mi tirò un colpo a bruciapelo e che invece di me andò a colpire il mio bravo attendente) che da sempre mi seguiva dovunque andassi: fortunatamente la palla non gli attraversò che il braccio. Questo fucile Reminton che per poco non mi ammazza, lo regalerò con 100 cartucce al caro Peppino per ammazzare invece qualche cinghiale. Cadorna salutò il nostro battaglione che per primo si impossesso di Roma dicendoci: Bersaglieri siete i primi soldati del mondo ! e ciò in presenza dell’intera divisione. Qui siamo accampati al Monte Pincio e quanto prima saremo acquartierati ……………………………

Roma 21 settembre 1870

Altra versione di tale evento la fornisce il giovane scrittore Edmondo de Amicis,

in quel tempo al seguito delle truppe italiane. 

Quando EDMONDO DE AMICIS  passò a  NARNI NEL 1870 con i Bersaglieri.

Un report di eccezione ci racconta i fatti avvenuti nel 1870  per la presa di Roma. Si tratta di un giovane  Edmondo De Amicis, allora ventiquattrenne,  che segue le truppe piemontesi che partono da Terni e passano per Narni per arrivare poi a Roma il 20 settembre.
Lo scrittore famoso per il libro Cuore e altri racconti del risorgimento, come “la piccola vedetta lombarda”,  fece parte degli inviati di guerra che presero parte alla spedizione partita da Terni per la conquista di Roma Capitale. Terni era stata con Garibaldi un punto importante per i tentativi precedenti di prendere Roma,  ed ora era  strategica in quel periodo, in cui la capitale italiana era a Firenze e la nuova ferrovia, permetteva un facile approvvigionamento da Firenze a Terni di truppe e materiali per questa spedizione. Stiamo parlando di circa cinquantamila soldati dell’esercito piemontese che erano composti di vari reparti tra cui le forze di fanteria e le truppe scelte dei Bersaglieri al comando del Generale Cadorna. In quel periodo ci fu un grande movimento di truppa tra Terni e Narni e dal 11 settembre 1870  al 20 settembre l’esercito si mosse da Terni a Roma.
DE AMICIS. - Scrittore, nato a Oneglia nel 1846, morto a Bordighera nel 1908. Ufficiale di fanteria nel 1865, combatté nel '66; l'anno seguente prestò servizio tra le truppe che assistettero i malati di colera. Subito dopo fu chiamato a Firenze, dove, addetto al giornale L'Italia militare, ebbe modo di attendere a studî di lingua. Già noto per articoli e bozzetti pubblicati su l'Italia militare e altrove, divenne ben presto popolare, specie quando quei bozzetti furono pubblicati in volume (La vita militare, Milano 1868). Sempre come giornalista militare, De Amicis collaborò poi con il quotidiano La Nazione di Firenze, per il quale scrisse articoli soprattutto sulla presa di Roma del 1870. Ormai, incitato dal suo pubblico sempre più vasto e fedele, egli, lasciata la carriera militare, e passa  alla letteratura.

Questo il tenore della sua lettera, scritta da Narni, tratta dal libro : 

“impressioni di Roma” edito a Firenze nel 1870 di E. De Amicis.

Narni, 11 settembre 1870
 Partendo stamane alle 5 da Terni seppi che il quartiere generale si trasferiva a Magliano, a poca distanza da Orte, sul Tevere. Prevedendosi un movimento in avanti di tutte le truppe, molta gente venne con noi. Giunti alla stazione di Narni, ch’è a più di due miglie dalla città, non trovammo carrozze e pigliammo la strada a piedi. Narni è posta sopra un’alta collina. Sulla china di essa e alle falde trovammo accampato quasi tutta la divisione Ferrero. Le prime tende vedute furono quelle del 57° e del 58° fanteria. Mentre ci avvicinavamo, i due reggimenti si disponevano per andare al solito campo d’esercizio, quando giunse improvvisamente un ordine superiore che annunciava imminente la partenza. Le truppe ritornarono ai campi. E qui si vide uno stupendo spettacolo. I soldati si lanciarono di corsa in mezzo alle tende mandando tutti insieme il grido : A Roma! E cominciarono a levare un frastuono assordante. Di rado mi occorse di vedere un campo così animato. In quel punto passò sulla strada e in carrozza il vescovo di Narni accompagnato da parecchi sacerdoti, e mise il capo fuori dallo sportello e guardò. Sorrideva a quella scena anche lui e doveva certo pensare che quella gente era molto più felice e meno pericoloso mandarla innanzi che costringerla a tornare indietro. Gli ufficiali del 57° con cui mi fermai a far colazione mi dicevano: 
- è difficile immaginarsi il mutamento che s’è fatto nei nostri soldati da quando si cominciò a parlare di Roma e a sperare d’andarci. Fra loro non parlano d’altro. - A Roma - è il grido con cui si svegliano; a Roma - il grido che mandano prima di andare a dormire; e se quando sono in riga s’ha da rimproverare qualcuno che parla, egli è quasi sempre perchè lo si è sentito brontolar Roma. Al grido - a Roma - del 57° e del 58° reggimento rispose dall’altro lato del colle l’artiglieria. In Narni c’era grande movimento quando entrammo, e non è cessato ancora. Le strade erano ingombre di carri e di cavalli. Tutto il reggimento lancieri di Novara è partito alla volta di Magliano. Continua il passaggio dei carri. La gente che segue le truppe si divide in vari drappelli dietro le diverse divisioni. Chi vuol accompagnare i soldati a piedi, chi vuol accompagnarli a cavallo, chi sui carri dell’ambulanza, chi sui biroccini; tutti vogliono vederli proprio nel momento che passano il confine, e però assediano continuamente i generali e gli ufficiali di stato maggiore per aver notizie, indicazioni e consigli.
A Narni l’aspetto di questa campagna è bellissimo. Ad ogni tratto si presentano dei colpi d’occhio da far andare in visibilio pittori e non pittori. Ad ogni svoltata di strada i soldati mandano un grido d’allegrezza. Strade incassate in valli profonde e buie, villaggi sorgenti sulle vette dei monti, boschi vastissimi e rottami di castelli antichi.
  Arrivato in Umbria  il 10 settembre, il giovane Edmondo vi riparte la mattina seguente alle 5 per raggiungere Narni; percorrendo poi la Via Flaminia, e dopo aver varcato il confine dello Stato Pontificio a Ponte Felice presso Magliano (dove nel frattempo si era trasferito il quartier generale) e passando per Civita Castellana il 12, per Nepi il 13, il nostro reporter finisce per immettersi sulla Cassia arrivando alla Storta il 15 settembre; da qui, e dopo aver retrocesso fino a Baccano per passarvi la notte «perché intorno a Roma non c’è modo di mangiare», riprende il suo cammino verso la città pontificia: rimessosi sulla via Flaminia, lo vediamo il 17 a Castelnuovo di Porto, ultima stazione di posta lontana «dieciotto miglia da Roma», per ritrovarlo infine il 19 settembre a Casal dei Pazzi al «quartier generale, a tre miglia da Roma»; dopo più di un settimana di viaggio da quando era partito da Firenze, il giovane Edmondo avrà si fronte a sé le tanto agognate mura della città eterna, nel tratto posto tra porta Pia e porta Salara. Il 20 settembre , il battaglione bersaglieri s’avanzo per primo, alcuni pezzi di artiglieria cominciarono a tirare. I papalini risposero con un fuoco di moschetteria assai vivo ma inefficace. I bersaglieri entrarono a Roma da porta Pia. Altri racconteranno questi eventi che videro Narni come protagonista per la presa di Roma.

Grazie per la segnalazione a Rodolfo Ciuffoletti .

 

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foto della breccia di Porta Pia .

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