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Macellai a Narni 

                                                                             
L'Eroli ipotizza che, almeno in origine, i macellai fossero attestati nella zona detta Valle Marcellina (oggi via Marcellina), per il fatto che anticamente Marcellus significava maialetto, o piccolo maglio da macellare.

Dagli Statuti di Narni (III/CXXVI): “Item statuimus quod in loco quod dicitur Cannariculi... ...fiat quidam murum dimisso hostio unde ut volentes possint per ipsum ostium ire et redire expensis hominum parrochiae horti canonicae itaquod terraplenum possit deferi ad ipsum locum proijcendo ipsum in plaias et nullus macellarius.. ..de nocte ante pulsationem tertii soni campane possit portare vel proijcere carnes mortacinas; bestiam mortuam, sanguinem vel putredinem proijcere teneantur, per foramen ibi factum, in plaias ne faetor resultare possit”. La zona detta contrada o parrocchia horti canonicae era quella compresa all'incirca tra il l'abside del duomo e Porta Pietra e il luogo dal quale si potevano gettare rifiuti nelle piagge doveva essere lo spiazzo, che poi nel Cinquecento risulterà antistante alla chiesa di S. Giovanni Decollato, oggi cinema. I macellai quindi all'epoca della stesura degli Statuti dovevano già essere attestati ai margini di Piazza del Lago, come si vedrà poi nel Cinquecento. Inoltre già dal 1139 i canonici della cattedrale possedevano un hospitale sito in via Flaminia iuxta scopulum carnarii e si parla anche di una cappella novae supra carnarium; Nell'alto medioevo il termine carnarium poteva indicare sia un cimitero che il luogo dei macellai o mattatoio.
Statuti (I/CCLXIV): “...adicimus etiam quod tempore alicuius rumoris vel suspicionis in civitate predicta predicti macellarii, nec aliquis eorum audeat vel praesumat cum cultellis aptis ad macellandum nec cum aliquo genere armorum trahere ad plateam, nec plateam maiorem intrare nec accedere ad alia loca civitatis...”. Si fa divieto ai macellai, in caso di disordini,  di entrare in piazza armati, quindi si deve intendere nella più vicina Piazza del Lago se poi viene specificato nec ad plateam maiorem et alia loca civitatis.

Nei comuni medievali si aveva la tendenza a concentrare il commercio ittico e della carne in un solo luogo della città. E' il caso di Todi dove si attesta la vendita al minuto del pesce ogni giorno nel macello generali comunis tuderti. Questa consuetudine è riscontrabile anche nel comune di Narni dove gli Statuti (I/CLXXIII) specificano che era possibile effettuare la vendita di questo alimento solo nei macelli cittadini: “In macello dicti comunis prout actenus consuetum est macellentur bestiae per macellarios dicte civitatis et ibi vendi debeant carnem et etiam pisces”.

Nel 1381 Bucciolo Orsini, vicario della città di Narni, per fare denaro onde poter portare gente armata contro Terni, decretò d'urgenza che i macellai di Narni, che erano in numero di nove, dovessero sovvenire con trentasei fiorini ciascuno alle spese di guerra.

Nel 1436 donna Caterina (madre del Gattamelata) affida 324 ducati d'oro a Nicola di Pascuccio Spinaci e Giovanni Mactiello, detto anche schiavo, tutti mercanti dell'arte del macello di Narni.

Bernardino di Prospero, oltre a dirigere la spezieria di Narni dal 1512 al 1525, svolgeva, con Bernardino di Troilo, l'attività di macellaio durante il biennio 1524-25.

Dalle Riformanze:
1537 – I macelli devono essere rimossi dalla piazza del Lacus e sistemati in altro luogo.
1574 – Il vescovo Romolo Cesi scrisse ai priori di Narni perchè provvedessero al restauro del palazzo vescovile, che minacciava rovina verso i macelli.
1581 – I macellai chiedono per il macello le rimesse dietro i torrioni di Porta delle Arvolte.
1584 – Il trombettiere Domenico e i suoi compagni annunciano il bando del macello presso le scale di S. Giovenale.
1587 – Controversia sorta con il vescovo per la requisizione fatta da quest'ultimo  delle capre dei macellai che si trovavano a pascolare nei prati di fronte al monastero di S.Maria Maggiore.
1590 – I tagliatori del macello fanno istanza di voler pagare le torce dei macellari per la festività di S. Giovenale.
1598 – Marco Tullio e Pietro Paolo, macellari, macellano capre appresso all'osteria del Moro, cosa proibita dai capitoli. Da una lista degli stranieri a Narni, del 1591, redatta in occasione della grande carestia, un certo Fischio risulta abitare in casa di Pietro Paolo macillaro, nel Terziere di Sopra.

1608 - Testimonianza in una lite per ragioni di confine: “Ho visto in detto monte di S.Girolamo pascolare ogni sorta di bestiame et in particolare le bestie delli macellari”.

1609 – Dalle Riformanze: “...rimanendo però la libertà, come prima, di macellare alle porte et lo macellare della porta verso la Rivolta s'intenda dal portone del Moro in giù et dall'altre porte s'intenda conforme al solito”.

1660 – La Sagra Congregazione del Buon Governo risponde al governatore di Narni: “Doppo essersi riferita in Sagra Congregazione la sua lettera in proposito di procedere nelle cause de fraudi della gabella della carne questi miei eminentissimi signori hanno risoluto ch'ella se ne astenga, conforme gli fu scritto con la passata, e rimette al magistrato la cognizione della causa del pretesto di fraudo di Giovenale d'Antonio per aver scorticato un agnello senza licenza del commissario di detta gabella. Così si eseguisca”.
Il cardinale Chigi, Mario Foni segretario.

In un editto del 1703, della Reverenda Camera Apostolica, per l'osservanza delle sante feste viene stabilito: “A macellari, caprettari e salcicciari, se havranno botteghe, vendino dentro di quelle e tanto loro, quanto quelli che hanno botteghe tenghino le tende quali coprano il banco del macello, in modo che le carni non si vedano.

Nel 1716 gli ecclesiastici di Narni, tramite il promotore fiscale della curia vescovile, si appellano alla Sagra Congregazione del Buon Governo per avere giustizia, affermando: “...d'essere sempre stati in pacifico possesso di tenere un macello separato per loro uso e servizio, ogni qual'volta l'hanno voluto, come in quella città è pubblico e notorio, e costa da più attenzioni...e dall'istessa patente di monsign. Picarelli per l'anno 1708.
Dopo quel tempo non si è mai aperto per secondare il genio del presente monsig. vescovo, che per l'eccessivo suo desiderio di evitare ogni occasione, benchè minima e remota, di disparere con i secolari, ha fatte anche grandissime pratiche per indurre gl'oratori a dare il consenso che il macello si affittasse con la privativa, come costa da più lettere scritte sopra questo negozio alla Sagra Congregazione del Buon Governo, e specialmente in data delli 6 sett. 1711, delli 9 marzo 1712, delli 6 sett. 1715, benchè poi non abbiano avuto effetto per colpa de' secolari.
Nel mese di agosto prossimo passato 1716, trovandosi gli oratori mal serviti e aggravati ne' prezzi delle carni, un certo Gio. Maria Frollani, che altre volte gli aveva ben serviti, si offerse di riaprire il macello degli ecclesiastici e di vendere le carni a miglior prezzo, cioè quella di vaccina a soli quattrini dodici, quando gli altri la vendevano dodici e mezzo, e quella di vitella campareccia e di castrato a quattrini diecisette, quando gli altri la vendevano a diciotto; per il che non potendo monsig. vescovo privare li suoi ecclesiastici di un vantaggio simile, che era di non poca considerazione, massime per le comunità religiose, seminario ed ospedale, ad istanza di molti e a benefizio di tutti, concesse al Frollani la patente ed alli 10 dell'istesso mese  fu riaperto il macello, nelle solite stanze sotto il palazzo vescovile, che da più di 200 anni sogliono affittarsi a quest'effetto, come costa da' Libri della Mensa.
Si sentirono a questo gl'interessati degli altri due macelli, e non volendo scemare il prezzo delle carni, dopo alcune settimane dismisero il negozio, sì che, per qualche tempo, restò solo nella città quello del Frollani, con soddisfazione de' particolari e senza danno del pubblico, perchè pagò  sempre non solamente li dritti camerali, ma anche li communitativi, come costa dall'attestazione  dell'esattore delli medesimi, godendo la sola esenzione dal pagare certe regaglie solite darsi alli priori protempore e contentandosi di minor guadagno perchè non l'aveva da dividere con tanti partecipanti, come forse succedeva a gli altri.
Non era stato affittato fino a quel tempo il macello de' secolari e perciò rimaneva in arbitrio di ciascuno l'aprirlo, così avendo risoluto il pubblico conseglio, non ostanti li progetti fatti da monsign. Governatore per affittarlo con privativa, non esclusi da monsign. Vescovo, tanto solo che gli ecclesiastici non ne rimanessero aggravati e l'utilità risultasse a solo benefizio del pubblico. Ma nel mese di settembre fu affittato da Angelo Gentili; fu riaperto questo macello a dì 28 del mese di settembre e nella sera antecedente, mentre il Frollani stava scorticando una vaccina nel macello degli ecclesiastici, fu carcerato, insieme al suo tagliatore, da Nicola Gennari, caporale de' sbiri del governo, i quali chiusero il macello e lo scorticatoro e se ne portarono vie le chiave ed i libri, e dopo averli condotti ambidue nelle segrete della rocca, ritornarono insieme con un certo Spaciani, ministro del subappaltatore della gabella della carne, a fare la perquisizione della concia, e dello stenditore, dove il suddetto macellaio delli ecclesiastici riteneva le sue pelli... ...in questo modo, dispersi gli operari del macello degli ecclesiastici, resta questo ancora chiuso fino al presente giorno 25 di gennaro e chiuso sarà sempre quando ne vadano impuniti gli autori...”.
Da: “Disceptationes ecclesiasticae una cum resolutionibus” - URSAYA, 1724.
Dal testo si ricava anche che il Frollani era macellaro pubblico ed ammazzava in pubblico, e il venerdì alle ore 22, in presenza di molte gente, secondo l'antico e moderno solito, e suo e delli altri macellari. Giuseppe  Floridi era subappaltatore della macelleria laica.


Ricerca di Rodolfo Ciuffoletti

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